La città sempre accesa, pulsante e viva si è fermata per Irene, nome leggiadro di donna dal significato beneaugurante, come ricorda Dioniso in un commento al mio post precedente. Irene significa pace e, secondo la mitologia greca ne è la dea. La dea Eirene.
E Irene, pronunciato all’inglese, Airin, evoca maggior dolcezza.
Chissà per quale perfido contrasto Airin è, invece, il nome che è stato attribuito a un mostro malefico e devastante.
La città rumorosa è in silenzio. La città viva è come morta.
E aspetta, passiva. Ripiegata su sè stessa.
Come per una cinica legge del contrappasso, per contrasto, di dantesca memoria.
Città sempre accesa? La tua pena è spegnerti.
Irene potrebbe essere condannata all’Inferno, nel settimo cerchio, primo girone: violenti contro il prossimo.
Sabato pomeriggio non ce la facevo più a stare in casa e, nonostante la pioggia, sono uscita a fare un giro nella mia zona, animata da un’irriducibile voglia di documentare, fissare le immagini, inusuali, di una città stordita. Eccole:
La Broadway, una delle strade dai marciapiedi più affollati e dal traffico più intenso a tutte le ore, tutti i giorni della settimana, tutto l’anno, a qualsiasi condizione atmosferica
La E Houston, di norma sempre congestionata dal traffico e dalla gente che affolla i marciapiedi
Tutte le stazioni della metropolitana chiuse
Whole Food Market che non conosce chiusura
La notte dell’uragano è stata terribile. Il fischio del vento ha iniziato a sentirsi verso mezzanotte, accompagnato dalla pioggia battente e dal rumore degli alberi che ruotavano come una giostra.
Nel cuore della notte, insonne, ho sentito un odore acre di fumo uscire dalla finestra della mia vicina e, dopo un attimo, un bagliore di fuoco.
Ho pensato a un incendio nell’appartamento adiacente.
Ne ero quasi certa dopo aver visto una figura femminile sulla piattaforma della scala antincendio. Ma, vedendola con una torcia di fuoco in mano, ho pensato che, odore acre e bagliore, dipendessero da quell’aggeggio.
Non poteva, se proprio aveva il bisogno incoercibile di uscire, utilizzare una torcia a batteria? Ma poi, perché è uscita, di grazia?
Ho temuto, lì per lì, di dover fuggire in pigiama e senza la borsa di sopravvivenza suggerita dal sindaco.
Comunque, l’ho scampata. Ho avuto molta paura, moltissima.
Alternavo pensieri fatalisti (è destino…) a pensieri e invocazioni disperati (non voglio morire così….- come se si potesse scegliere come e quando morire -), a pensieri iracondi diretti a me (ma chi me l’ha fatto fare…). Pensieri nomadi.
Non mi sono mai sentita così isolata e lontana.
Quel fischio minaccioso ce l’ho ancora nelle orecchie e chissà ancora per quanto.
E ora mi ascolto i Massimo Volume nel pezzo “La città morta“.
I Massimo Volume sono un pregevole gruppo rock che ha fatto da supporto anche a un concerto di Patti Smith. Più che cantare, recitano. Pare perché non sappiano cantare…