Archivi del mese: dicembre 2011

Pancake alla zucca

In compagnia del Blue train di John Coltrane ho realizzato questi pancake alla zucca per il brunch domenicale

Ingredienti (per 4 pancake):
1 zucca di medie dimensioni (circa 1 kg intera)
1 e 1/2 cup di latte di soia
1 cup di farina integrale
zenzero grattugiato (o in polvere)
due cucchiai di uvetta passa
una pera
due  cucchiai di philaVEG
sciroppo d’acero
olio di semi di girasole

Procedimento:
Mettere la zucca intera in forno a 180° per 35-40 minuti. Dopo la cottura rimuovere la buccia e i semi,  tagliarla a pezzetti e inserirla in un robot insieme al latte, alla farina,  allo zenzero e all’uvetta.

Ungere una padella antiaderente e, quando è calda, disporre un mestolo del composto

Lasciare cuocere 3 minuti e poi, aiutandosi con una paletta girare il pancake  e lasciarlo cuocere altri 3 minuti

Disporre il pancake su un piatto e prepararne un secondo da sovrapporre

Guarnire con mezza pera tagliata a fettine, un ricciolo di philaVEG e lo sciroppo d’acero

Continuando ad ascoltare il sax di John Coltrane…..

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BUON NATALE!

Buon Natale a tutti con John Lennon in Happy Christmas (War is over)!

    
Anche questo albero di natale è alla sua seconda vita: i  rami li ho trovati, l’anno scorso, in Liguria ai piedi di un pino marittimo. Li ho scartavetrati e spazzolati bene.
La scatola l’ho trovata, integra, accanto al bidone di raccolta della carta condominiale (conteneva un robot da cucina).


Le mie radici (seconda parte)

Lingueglietta  è nella classifica  dei Borghi più belli d’Italia,  ed è il paesino dove nacque Mario, mio padre e dove, nel piccolo cimitero vista mare, vi riposa da 25 anni. Morì giovanissimo lasciandomi un vuoto incolmabile e un rapporto molto complesso rimasto, inevitabilmente, in sospeso  e, di conseguenza, irrisolto e incompiuto. Di lui mi resta l’amore per il jazz, per i viaggi, lo spirito un po’ avventuriero, il senso dell’umorismo  e alcuni insegnamenti che, ancor oggi, ritengo fondamentali e imprescindibili.  Mi ripeteva:

“Lasciati sempre guidare da questi due fari: onestà e conoscenza”
“Ascolta sempre jazz”
“Leggi molto”
“Viaggia molto, osserva, confrontati”
“Studia”
“Non dire no grazie a chi ti offre qualcosa, pensando di essere educata perché se hai voglia di accettare, accetta. Allo stesso modo quando offri qualcosa lo devi fare  sempre con il cuore, con generosità, altrimenti astieniti.”
“Le cose nuove usale, non tenerle in un cassetto temendo di usurarle o rovinarle o di fare torto a chi te le ha donate. Le cose vanno usate, non sono  oggetti di culto.”

Questa è l’altra parte delle mie radici, forse  meno significativa dal punto di vista della mia formazione ma non meno intensa.

La prima parte è rappresentata da Torbole sul Garda e ne ho parlato QUI


Un tipico carruggio in ardesia e cotto
Lingueglietta non ha strade carrabili ma solo carruggi che, un tempo, erano percorsi solo dai muli dei contadini. Le automobili si lasciano al parcheggio della piazza della Chiesa o in un nuovo parcheggio più lontano e, se questo è uno svantaggio per il trasporto di borse e bagagli, è un grande vantaggio per la pace e il piacere del silenzio.

La pizzeria “La fortezza”

La terrazza della Pizzeria “La fortezza”

Vista di San Lorenzo al mare dalla terrazza della mia casa

Lingueglietta per me è  il profumo dei limoni, il fascino degli olivi, i colori delle bouganville, il mare, le donne con i segni della fatica sul volto rugoso, è il ricordo del mulo di Terzilio che percorre i carruggi fino al frantoio, la nostalgia del bar di Fifina e l’odore delle sue sigarette forti, la festa di San Rocco,  i dolci all’anice, mio padre che mi parla sotto il secolare leccio e mi dice che mi vuole bene.
La mia casa qui non è quella che fu dei miei nonni paterni ma un acquisto che desiderò fare mio padre per  trascorrere, lontano dalla città e nel suo paesino natale, periodi più o meno lunghi di riposo, una sorta di buen retiro.
Le cose non andarono secondo il disegno immaginato anche in seguito alla separazione dei miei. La casa fu quasi in stato di abbandono per molti anni e io stessa quel luogo e quelle zone le trovavo ostili perché mi evocavano ricordi dolorosi, distacchi affettivi e lacerazioni forti.
Con l’aiuto di mio marito Seb, sempre al mio fianco e sempre pronto a curare le mie ferite, alcuni anni fa decidemmo di ridare vita a quella casa bellissima e ritornare con animo leggero in quei luoghi d’infanzia.
La casa, grazie alla presenza di simpatici e innocui piccoli gechi in terrazza, l’abbiamo chiamata “La casa dei gechi”.

Lingueglietta (zona “Villa”, parte bassa) vista dalla strada verso San Lorenzo al mare

La mia casa è quella rosa con le imposte verdi

I gechi in ferro sulla rete

La mia terrazza

San Lorenzo al mare dalla mia terrazza

Cesto di limoni dell’albero di Giovanni, mio amico d’infanzia e vicino di casa.

Finalmente mi sono riconciliata con questa terra, ho superato  le ultime resistenze ad andarvi e ora mi godo un luogo bellissimo dal clima invitante tutto l’anno, a un passo dalla Costa Azzurra con la possibilità di scegliere la pace e il silenzio del paesino oppure la vita frenetica della riviera a 5 km.
Ascoltando uno dei pezzi che ascoltavo insieme a mio padre: Bix Beiderbecke in Candelights


La seconda vita delle cose

Ascoltando Fats Waller in Ain’t Misbehavin penso alle trasformazioni, al cambiamento delle cose, a nuove opportunità.

DAI JEANS

Amo i jeans smodatamente, li considero la mia seconda pelle ma, nonostante siano pressoché indistruttibili, alcuni  sono costretta a eliminarli perché  non più indossabili. Ma, da riciclatrice  creativa, li trasformo in oggetti di uso quotidiano.
Ecco le trasformazioni dei jeans


Un paio di ciabatte  lavabili

La loro custodia (per metterle in valigia)…….


…personalizzata


Tovagliette americane

Un sottotazza

Uno zainetto

Una borsa

Una sacca porta tutto (io la tengo nella cabina armadio e ci metto le calze)

Un porta incenso

Un porta fiammiferi

Un porta telecomandi

Un porta accessori della macchina per cucire

Un porta tutto personalizzato (Lidia è la mia mamma)

DALLE TOVAGLIETTE AMERICANE

Quando le tovagliette americane si usurano o si macchiano, do loro un’altra vita


Un porta pane

DALLE CASSETTE DEL VINO
Sono oggetti che ritengo un peccato buttare ma trovo divertente decontestualizzare  reinventandoli


Con una tovaglietta di paglia…

…..le maniglie di ottone…

…diventa un vassoio porta condimenti


Una cassetta più piccola diventa un pratico contenitore di spezie

DA UN SACCHETTO DI CARTA, DA NEW YORK
Ho usato il sacchetto interno della double bag


Una tovaglietta americana

Carta per appunti

Per coprire una scatola da scarpe ….

…per conservare le cipolle

Mi piace inventare, creare, reinventare, riciclare, trasformare.  Un eterno ritorno…


Miracolo a Le Havre di Aki Kaurismäki


Un film bellissimo, tenero e ricco di poesia, senza  mai scivolare nel patetico o nel melenso. Aki Kaurismaki non mi ha mai delusa e ha sempre lasciato un segno forte anche se i suoi film toccano con leggerezza. Il suo è uno sguardo sul mondo degli ultimi  ma mai urlato, mai con scivolamenti buonisti né demagogici. Il film racconta della solidarietà e dell’aiuto che un lustrascarpe francese offre a un ragazzo immigrato africano che, casualmente, si trova a Le Havre sulla strada per raggiungere la mamma che vive a Londra.
QUI una recensione molto acuta che condivido.

Cinema Anteo


13 dicembre

Ascoltando Simon&Garfunkel in Mrs Robinson, dalla colonna sonora del film “Il laureato”.

Sono passati tanti anni ma quell’emozione è ancora forte e ogni 13 dicembre si rinnova nitidamente.
E’ il giorno della mia laurea, un giorno importante, fondamentale, una delle soddisfazioni più forti e incancellabili della mia vita.
Ricordo che prima di entrare in sala tesi le gambe mi tremavano, la salivazione era assente e in testa sembrava tutto azzerato, tabula rasa.
Avrei voluto scappare nonostante continuassi a ripetermi che si trattava solo di una formalità, di breve durata, l’atto finale di 4 anni di studio, di impegno, di fatica.  Mi ripetevo che quel momento, rispetto al duro lavoro dei 4 anni di preparazione degli esami era un’inezia. Avevo in tasca una boccetta di Rescue remedy, il rimedio di emergenza, dei Fiori di Bach. Tutto inutile.
Quando fu il mio turno, con la tesi rilegata in mano, mi misi davanti agli 11 professori e improvvisamente iniziai a parlare a macchinetta.
Automaticamente mi venne in mente tutta la tesi, capitolo per capitolo, lucidamente.  La tensione si sciolse e la felicità prese corpo meravigliosamente. Non mi sarei più fermata.
E oggi, ascoltando la colonna sonora del film “Il laureato” con uno strepitoso Dustin Hoffman, ricordo quel meraviglioso giorno di Santa Lucia.


Scorzette d’arancia al cioccolato Katy style


Dedico a Katy  Bohemien rapsody nella versione dei Braids  (non me ne vogliano i Queen….) e la ringrazio  per aver pubblicato sul suo bel blog giroVegando in cucina  questa deliziosa ricetta che  ho copiato alla lettera e che nel blog di Katy è ben descritta QUI
Mi limito a elencare gli ingredienti e  le quantità che ho utilizzato oltre a sintetizzare, anche con l’aiuto della sequenza fotografica, i vari passaggi.

Ingredienti:
buccia di 7 arance biologiche
420 grammi di zucchero
420 grammi di acqua + l’acqua delle 3 bolliture
250 grammi di cioccolato fondente
un cucchiaio di bicarbonato

Procedimento:


Lavare bene le arance in acqua e bicarbonato

    
Rimuovere la buccia delle arance formando 4 spicchi per ogni arancia. Suddividere ogni spicchio in 3-4 strisce. Far bollire per due minuti in abbondante acqua le strisce di arancia. Ripetere questa operazione altre due volte, con acqua nuova.

Dopo la terza bollitura, scolare le scorzette e pesarle. Disporle in una pentola con uguale quantitativo di zucchero e di acqua  e
lasciarle bollire a fiamma bassa per un’ora e mezza.

Dopo la cottura in acqua e zucchero disporre le scorzette su una placca da forno foderata di carta forno. Lasciarle asciugare 12 ore. Dopo le 12 ore, poiché non erano ancora ben asciutte, le ho tenute in forno un’oretta a 60°C.

Dopo il passaggio in forno le scorzette erano perfettamente asciutte e dritte.
    
Mettere il cioccolato a bagnomaria, intingervi le scorzette una ad una e disporle una accanto all’altra su un vassoio rivestito da carta forno e attendere un paio d’ore che il rivestimento di cioccolata si solidifichi.
Disporle in un barattolo di vetro e conservarle in luogo fresco e asciutto.

Queste scorzette sono una vera delizia da provare. Le ho sempre ammirate nelle vetrine delle pasticcerie e considerate leccornie impossibili da realizzare. Ascoltando Bohemien rapsody, ringrazio ancora Katy per aver reso realizzabile queste dolcezze con cui so già che stupirò chi le  assaggerà ricevendole in dono.


Intervista a un artista


Mario Cesàri
è un artista anche se lui non apprezza questa definizione preferendo considerarsi un artigiano. Non che artigiano sia una connotazione inferiore ma per me Mario è un artista con tutte le caratteristiche che questa condizione implica. E’ eclettico, talentuoso, creativo, estremamente sensibile, lievemente ombroso, poco incline alle regole, poco loquace ma attento ascoltatore e disponibile alla relazione, soavemente ingenuo ma non dabbene, acuto osservatore, di vasta cultura, dai molteplici interessi.

Ha scritto articoli e tradotto dall’inglese “Metalwork and enamelling” di Herbert Maryon per la Hoepli, col titolo “La lavorazione dei metalli”.
Mario crea dei capolavori con oggetti umili o che tutti butterebbero via. Un chiodo, un cucchiaio, un’antenna.

Ho conosciuto Mario a Pennabilli,  nella sua casa che è anche il suo studio dove vive con Bigolo, il suo delizioso cagnolino con cui ha un rapporto quasi umano.

Sono stata da lui due volte, per giornate intere a imparare qualche trucco del mio hobby, l’arte orafa,  che elargisce e trasmette con generosa disponibilità, senza nascondere segreti come fa chi non è capace di condividere la propria arte temendo di esserne depredato.
Il talento, infatti, non si può nè rubare nè copiare.


Mario ed io nella sua casa (il collier che indosso è “la calla” in ottone, opera di Mario)

Faccio la modella con una collana in ottone, opera di Mario


Insieme di gioielli

Ho chiesto a Mario quest’intervista e lui, disponibile come sempre, me l’ha concessa.

Mario, da Venezia, cosa o chi ti ha spinto a Pennabilli?
Il caso, naturalmente. All’inizio degli anni ’80 un venditore di auto usate, a Bellaria dove viveva mia madre, le ha proposto di comperare una casa da restaurare.  Mia madre ha chiesto a me e mio fratello di imbarcarci per guadagnare i soldi del restauro. Così ho lasciato la casa di Venezia dove ero in arretrato con l’affitto, ho fatto un imbarco di 5/6 mesi e abbiamo restaurato la casa, da allora sono un pennese.

Che cosa ti ha spinto alla lavorazione del metallo?
Il fatto che sia io che mio fratello siamo radiotelegrafisti di bordo. Beh, una volta mio fratello sbarcando da una nave che andava al disarmo, ha portato a casa l’antenna radio che è fatta di fili di rame da 1mm circa torti assieme, lunga una decina di metri e pesante. Poi, dopo una raccolta di pigne da pinoli per fare un dolce, gli è venuta l’idea di usare il filo di rame per fare un girocollo cui appendere una squama di pigna. Si è messo in produzione, ha teso fili su cui appendere le collane, a decine, per asciugarle dalla vernice protettiva. La sera adava in Piazza San Marco e le vendeva ai turisti. Bei tempi, eravamo una novità, giovani che si davano da fare, e si guadagnava bene.

Da quando?
Ormai da quasi quarant’anni, quando abbiamo cominciato col metallo avevo già fatto quattro imbarchi, anche dopo ho navigato per anni, alternavo periodi di artigianato a terra con periodi di imbarco. Il fatto è che da telegrafista si guadagnava molto ma molto di più che con l’artigianato. Ma da quando esistono le comunicazioni satellitari, il GPS ecc. le navi non hanno più l’obbligo di imbarcare un radiotelegrafista per eventuali SOS. Così ho fatto l’ultimo imbarco una ventina d’anni fa.

Hai avuto un maestro, hai frequentato una scuola?
Ho seguito un corso di incisione e calcografia, ho imparato a forgiare e cesellare da un argentiere a Londra, a fondere in osso di seppia e a usare le pietre da un orafo tradizionale veneziano, a fondere in cera negli USA e in sabbia in Nepal. Ma sono in gran parte autodidatta e devo molto ad alcuni libri, il più utile è stato il libro di Herbert Maryon

Che rapporto hai con le tue creazioni? 
I primi tempi ero molto contento di vendere i miei pezzi anche quelli belli, da un po’ tendo a volerli tenere. A volte tengo per giorni un pezzo ben fatto sul tavolo  per guardarmelo.

Lo consideri un lavoro?
Certo che è un lavoro, vivo del mio mestiere.

Certo che non è un lavoro: nessuno mi dà uno stipendio, non sono impiegato o dipendente.

C’è qualcosa che ti ispira nel creare un gioiello, un oggetto?
A volte una tecnica, a volte un oggetto, un insetto ecc. Più che l’ispirazione, io pratico il riconoscimento. Faccio qualcosa e poi vedo se mi piace o no.

In quale tecnica orafa ti riconosci?
Ci sono delle tecniche che mi piacciono: fusione in osso di seppia, cesello e negli ultimi anni forgiatura. Mi piace limare e odio lucidare.

Come organizzi la tua giornata di lavoro?
Va molto a periodi, in questi mesi lavoro un po’ al banco e molto al computer, tengo corsi, vado a mercati. Quando lavoro al banco mi riempio in poco tempo di pinze, lime, bulini, compasso, punte, fresette ecc. e sembrerebbe una gran confusione. In effetti lo é.

Che tipo di musica ascolti?
Brassens, fado, vecchi blues e tango, standards dai  ’30 ai ’60, classica; ascolto (solo) radio3

Hai degli hobby?
Alcuni si integrano col lavoro, come la macrofotografia o spataccare al computer,  poi ho un po’ di interessi: cinema, libri, economia, ecologia ecc.

Mario, come dicevo, è di poche parole ma, non è una contraddizione, starei ad ascoltarlo per ore mentre racconta la sua vita, quello che fa e come lo fa.

Altri gioielli di Mario:

fibbia


orecchini


pendente


orecchini

gemelli


fibbia

Ascoltando un pezzo di Bob Dylan, suggeritomi da Mario: Joan Baez in Love is just a four-letter word. Gliela dedico.


L’importante è partecipare?

Ho partecipato al gioco di Yari  per il compleanno del suo blog e ho vinto il terzo premio.

Ora partecipo a questo contest  del blog  “Ci hai pensato bene?”  di  Cristina e Tommaso.
Mi diverto un sacco a partecipare a contest originali.

Spero di vincere anche questa volta!!!

E se non vinco mi consolo con Nina Simone ascoltandola in “Feeling good