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Colazione da Titti

Il reportage di un’ospite speciale al mio B&B

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Cari Ravanelli, come state? Oggi voglio raccontarvi di un posto magico. Conoscete Torbole sul Garda?

DSC_4489Se ancora non ci siete stati, avete un motivo in più per andarci: il B&B La Casota … 100% VEGAN! la casotaUn bed and breakfast in cui perdersi e farsi cullare dalla bravissima Titti. Mi sono davvero sentita a casa e trattata da Regina.

Niente di meglio per ricaricare la spina e pensare positivo.

Titti offre ai suoi ospiti colazioni deliziose, in un trionfo di torte, strudel, muffin, pane di pasta madre, bagel, affettati e formaggi veg, frutta fresca, spremute, bevande … davvero, avete solo l’imbarazzo della scelta.

DSC_3819Ma c’è di più:

Titti prepara anche delizie calde sul momento, tra cui vanno citati i Waffle (qui a sinistra)

ed i Pancake (qui sotto!) davvero più buoni del pianeta. DSC_4513

(PS: le colazioni di Titti sono così buone, ma così buone, che ho sentito con le mie orecchie due “onnivori” complimentarsi…

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Incontro a Torbole sul Garda con la Dott.ssa Michela De Petris

Incontro Dott De Petris versione 2

Sono felice di annunciare questo evento che avrà luogo nel mio B&B  a Torbole sul Garda, sabato  22 giugno alle 16:00 e ringrazio la dott.ssa De Petris (Intervista QUI) per aver accettato il mio invito.
Dopo la trattazione ci sarà un ricco buffet vegan che, se il tempo lo consentirà, si potrà  gustare su una bella terrazza.
Spero in una partecipazione massiccia!!!
Riporto i recapiti per richieste di informazioni e/o prenotazioni:
eMail: info@lacasotavegan.it
Cell: 335 14 35 742
Cliccare “Parteciperò” sull’evento della mia pagina Facebook non equivale ad aver effettuato la prenotazione ma è solo un’ indicazione di massima.
Una precisazione organizzativa: Per prenotare è necessario inviare una mail all’indirizzo  indicato specificando  il numero dei partecipanti, il loro nome e un recapito telefonico.
Il pagamento della quota di partecipazione alle spese (30 euro a persona) può essere (via preferibile) versato in anticipo con bonifico bancario ( i dati li comunicherò, a richiesta, agli interessati) o, in alternativa, pagato al momento.
Poiché la dottoressa De Petris viene da Milano (circa 200 km da Torbole) devo avere la certezza del numero dei partecipanti almeno una settimana prima dell’evento in modo che, nell’eventualità non venisse raggiunto il numero minimo delle prenotazioni, possa avere il modo e il tempo di comunicare l’annullamento dell’iniziativa e restituire il denaro a chi ha effettuato il bonifico.
Speriamo di no!!!!!!!

E ora mi ascolto Dexter Gordon in “Blue Bossa


Intervista a un’educatrice cinofila

Irene e Pinta
Ho conosciuto Irene un anno fa, leggendo un’intervista che rilasciò al Corriere Milano, nella rubrica settimanale “Cambio vita”.
La giornalista, Raffaella Oliva, raccoglieva e pubblicava esperienze di persone che, vittime di lavori insoddisfacenti, di routine alienanti e lontane dalla propria essenza, avevano deciso di dare una svolta alla loro vita cambiando lavoro, dando in tal modo nuove spinte e nuova energia alla loro esistenza.
In quel periodo leggevo e rileggevo il libro di Simone Perotti (Adesso basta!), avida di storie che riconducevano a esperienze di chi aveva cambiato vita, di chi aveva avuto quel coraggio, di chi ce l’aveva fatta.
Non poteva sfuggirmi, in particolare, la storia di Irene per varie ragioni: era della mia città, Milano, aveva lasciato un posto fisso a tempo indeterminato – come quello che avevo io – per occuparsi dell’educazione/addestramento di cani e, altro particolare significativo, proprio in quel periodo, stavo organizzandomi per adottare un cagnolino bisognoso.
A colpirmi fu anche la sua bellezza, davvero mozzafiato, i suoi modi eleganti, il suo stile e il suo sorriso disarmante.
In quel periodo visitavo canili e rifugi per trovare un peloso che si adattasse  alla mia famiglia.
Quell’intervista cadde a fagiolo e mi annotai i recapiti di Irene certa di chiamarla una volta adottato il cane.
La piccola Joy arrivò, tramite l’associazione onlus ICaniSciolti   e poco dopo chiamai Irene per stabilire un primo contatto, capire il funzionamento della “procedura educativa” e avere altre indicazioni e suggerimenti.
La fortuna sfacciata fu che Irene abitasse a 300 metri da casa mia. Quasi incredibile in una città come Milano!!
Le lezioni furono estremamente efficaci e, in poco tempo, seguendo le sue indicazioni – rivolte soprattutto a noi “genitori” – Joy migliorò moltissimo i suoi comportamenti da piccola randagia.
Irene e Joy
Irene durante una lezione con Joy
Irene, da bambina,  cosa pensavi di fare da grande?
Fin da piccola ho sempre avuto una grande passione per gli animali e ho sempre desiderato osservarli. Ero interessata a ogni forma vivente ed ero spinta da una grandissima curiosità ad avvicinarmi a ogni essere animale. Avevo già preso la decisione di lavorare a contatto con gli animali e il mio sogno mi è sempre stato chiaro: quello che volevo era “studiare il loro comportamento”.
Che percorso formativo/professionale hai intrapreso?
Alle superiori ero iscritta al liceo scientifico, con indirizzo naturalistico, e le scienze naturali sono sempre state la mia materia preferita. Poi all’università mi sono iscritta a Scienze biologiche e dopo il triennio ho seguito la specializzazione in Biodiversità ed evoluzione biologica. Materia preferita? Perdutamente innamorata dell’etologia. Studiarla era fonte di continua sorpresa e meraviglia. Mi sono laureata con tesi sperimentale sul campo, studiando le rondini nel loro ambiente naturale.Immediatamente dopo la laurea ho fatto prima uno stage e sono stata poi assunta a tempo indeterminato in una multinazionale farmaceutica.
Ma non era quella la mia strada.
Qual è stata la scintilla che ti ha portato al cambiamento?
Nonostante fosse un ottimo lavoro e anche interessante, passare le ore in ufficio non era quello che volevo. Mi mancavano soprattutto lo studio degli animali e l’aria aperta. Volevo inoltre prendere un cane, ma gli orari lavorativi non mi avrebbero permesso di prendermi cura di lui nel modo corretto.
In quanto tempo hai maturato la decisione di abbandonare il vecchio lavoro?
Ho lavorato in azienda per due anni, ma ho maturato la decisione nel corso dell’ultimo anno. Mentre lavoravo ho cominciato a seguire un corso per diventare educatrice cinofila, con Golfo e Arancio, due cani non miei, e lì è esplosa la passione per questo lavoro.
La tua famiglia come l’ha presa?
All’inizio erano spaventati, hanno cercato di farmi “ragionare”, ma non mi hanno ostacolata perchè si sono sempre fidati di me e delle mie decisioni. Ora sono più tranquilli, soprattutto perchè mi vedono serena, anche se la sicurezza economica ovviamente non è la stessa di prima.
Che tipo di formazione hai per l’attuale lavoro?
Ho ottenuto la qualifica di educatrice cinofila dopo 2 anni e mezzo di corso e un tirocinio nei canili e al fianco di istruttori professionisti. Continuo a tenermi aggiornata partecipando a stage e seminari di professionisti italiani e stranieri e ho cominciato un corso per diventare riabilitatrice comportamentale e ampliare così le mie competenze. Se mi viene gentilmente concesso non perdo occasione di seguire altri professionisti durante le loro consulenze: è utilissimo vedere come lavorano gli altri, ma devono essere altruisti e generosi per permetterlo.
Chi avesse bisogno di un’educatrice seria e professionale come te come fa a orientarsi nell’offerta così disordinata, diciamo pure selvaggia?
La figura dell’educatore cinofilo non è riconosciuta a livello nazionale, quindi chiunque può definirsi educatore, anche chi è solo un dogsitter (e sono numerosi i casi) o ha sempre avuto cani. Anch’io ho guidato la macchina per tanti anni, ma non per questo dico di essere un meccanico. Il mio consiglio è dunque di leggere attentamente il curriculum della persona a cui vi state affidando, per conoscere i suoi titoli accademici e professionali e capire quali siano le sue competenze e da dove deriva la sua esperienza.
Cosa reputi fondamentale nel tuo lavoro?
L’utilizzo di un metodo che sia rispettoso del benessere del cane prima di tutto. Importante anche far capire ai proprietari che il cane non è un robottino che deve darci obbedienza, ma che il fatto che il cane scelga di fare quello che gli diciamo non può prescindere dall’aver costruito con lui un ottimo rapporto che si fondi sulla fiducia reciproca.
1024351 IRENE SOFIA, FOTOGRAFATA AI GIARDINI PUBBLICI
Irene e Pinta, la sua australian shepherd – Foto di Duilio Piaggesi
1024358 IRENE SOFIA, FOTOGRAFATA AI GIARDINI PUBBLICI
Irene durante una lezione – Foto di Duilio Piaggesi
Grazie, Irene, per il tempo che mi hai dedicato.
QUESTO il sito di Irene
QUI un’intervista a Irene realizzata da  Simone Perotti, su RAI5
Dedico a Irene, Destiny degli Zero 7

Una serata leggera, finalmente……

Ieri ho incontrato Barbara per la prima volta. O meglio, per quella che ritengo la nostra prima volta. Importante ed emotivamente forte.

L’avevo incontrata circa tre anni fa in rete attraverso il suo blog. Avevamo simpatizzato anche perchè, oltre l’etica vegan e il modo di interpretare la vita, ci univa la passione per la moto (io ducatista, lei “giapponese”).

Ci siamo viste, in carne (si fa per dire perchè è uno scricciolo) ed ossa, un anno dopo la nostra frequentazione virtuale, in occasione di una festival vegano a cui partecipavamo con ruoli diversi.
Quello che doveva essere un incontro ricco di aspettative e la conferma della simpatia e stima suscitate e palesate in rete si rivelò, nella sostanza, un incontro maledetto.
Barbara, in quell’occasione, fu involontaria spettatrice di una vicenda che coinvolgeva me direttamente e lei indirettamente e che portò entrambe a una serie di incomprensioni, equivoci, fraintendimenti, allontanamenti, tentativi di  riavvicinamenti, malintesi che si inanellavano senza tregua.
Per due anni – pur con un disagio emotivo sempre più debole, grazie al tempo che riusciva a sfumarlo riducendone la pesantezza – mi sono tenuta dentro l’esigenza di un confronto e di un chiarimento  diretti, vis à vis, con lei, senza mai disperare che l’incontro avvenisse.
Per temperamento, non riesco a vivere con “conti in sospeso” con le persone che stimo, che mi interessano, che amo, che non voglio perdere, senza la possibilità di chiarire, di confrontarmi, di spiegare, di chiedere scusa, se necessario.
Non mi rassegnerò mai né al silenzio né  alla chiusura, condizioni che accetterei soltanto come inevitabili e necessari solo se emergessero dopo un chiarimento.
La ghiotta occasione per noi è giunta ieri sera, a casa mia. Barbara è venuta a consegnarmi il primo premio per il post che ho scritto per la tavola rotonda, sul buonismo. Eravamo in tre: io e lei e Joy, la mia cagnolina. Doveva esserci anche Alessandra (ne ho parlato qui  e qui) ma, per impegni, non ha potuto partecipare all’incontro. Da un certo punto di vista – quello del chiarimento –  è stato meglio così.
Il premio è il libro “Il cancello” di Francois Bizot – tradotto da Orietta Mori e una bella lettera scritta a mano, rara in questa era tecnologica. E di questo la ringrazio ancora, anche per le belle parole.
Abbiamo cenato insieme e parlato per ore. L’occasione era troppo importante.
Ci siamo chiarite, abbiamo ricordato, sviscerato, ci siamo confrontate, ci siamo spiegate. Non è importante conoscere il casus belli anche perché coinvolgerebbe persone che, pur non interessandomi da nessun punto di vista, non ritengo giusto vengano  rese riconoscibili ma voglio gridare a gran voce quanto sia importante il chiarimento, il confronto, anche duro e acceso, sempre onesto e trasparente. E solo tra persone intelligenti, aperte, disponibili al dialogo (tra le quali Barbara e io ci annoveriamo. Presuntuosa?), possono avvenire i miracoli.
Barbara ha lo sguardo limpido, diretto, guarda in faccia mentre ti parla, è spontanea, sa ascoltare. E ha una risata contagiosa.
Sono davvero fortunata!

Il menu?
Antipasti: spuma di carote e mandorle, hummus di ceci
Piatto forte: seitan (autoprodotto) al cocco e curry con riso basmati
Contorno: finocchi con mandorle, pomodori secchi e polvere di arancia
Pane (autoprodotto) di frumento integrale e farro con pasta madre di farina integrale
Dolce: Budino all’arancia (la variante di ieri è che al posto del latte di riso ho usato succo d’arancia puro al 100% come da ricetta di veganhome)
Ecco Barbara con la mia Joy
Bibi

Non c’era musica, stranamente, ieri sera ma solo le nostre voci….
Dedico a Barbara “A natural woman” di Arteha Franklin


A cena con Franco Cerri ed Enrico Intra

Franco cerri 4

L’associazione culturale  “Oggi non ho fretta” organizza periodicamente una cena con uno o più  musicisti. Si tratta di incontri con un numero limitato di partecipanti  poiché lo spazio non riesce a contenere  più di 6-7 tavoli.
Giorni fa ho partecipato all’incontro con Franco Cerri, il più grande chitarrista jazz italiano ed Enrico Intra, pianista di fama internazionale.
Franco Cerri, purtroppo, in Italia è ricordato quasi esclusivamente per la pubblicità del detersivo Bio Presto dove faceva l’uomo in ammollo.
E pensare che ha suonato con musicisti del calibro di Dizzy Gillespie, Chet Baker, Billie Holiday.
E’ una persona amabile e gentile. Si è avvicinato a tutti i tavoli stringendo la mano a tutti i partecipanti ringraziandoli di essere lì.
E’ stata una serata molto gradevole e intensa. E ottima anche dal punto di vista della ristorazione  perchè prevedeva anche un menu vegano.
Qualche foto della serata.
Franco Cerri 2

Franco Cerri 3

Franco Cerri 1

Menu

Ascoltando Franco Cerri ed Enrico Intra


Intervista a un Medico vegan

Ho incontrato la dottoressa Michela De Petris nel giugno scorso, in un momento in cui sentivo più forte l’esigenza di far valutare a un Medico Vegan- e non il solito esperto in veganesimo che impazza sul web sbandierando corsi e relativi attestati e certificazioni più o meno attendibili – se la mia alimentazione vegan fosse bilanciata e senza alcuna carenza. Avevo bisogno, inoltre, di perdere quei 3 kg di peso, fastidiosa e ancora tangibile presenza del mio fantastico periodo newyorkese che, con lo struggente nostalgico ricordo della Grande Mela, mal si attagliava.
Mi sentivo fuori forma, diciamo. E avevo bisogno di seguire un regime alimentare controllato, sano e vegan e, preferibilmente, non affamante.

Una brevissima ricerca su internet mi ha condotto alla dottoressa Michela De Petris. Non solo avevo trovato il Medico Vegan ma era donna, come preferivo, e di Milano, la mia città!
Le scrissi subito una breve mail nella quale le spiegavo i motivi per i quali avrei desiderato incontrarla.
Mi fissò un appuntamento di lì a pochi giorni, presso il suo studio.  Non voglio dilungarmi sulla dieta nei particolari (anche perchè si tratta di un regime alimentare ad personam) né  sulla visita ma solo sul fatto che lo schema prevedeva 3 pasti principali e due spuntini composti con alimenti facilmente reperibili, vari, gustosi, sazianti e in dosi non affamanti: pasta, riso, polenta, pane, marmellata, frutta, verdura, legumi, ma anche tofu, seitan, tempeh, panini imbottiti per un pasto veloce e perfino la pizza marinara.
Insomma, non solo ho perso i famigerati 3 kg (a dire il vero ne ho persi 4) ma li ho persi senza frustrazioni, senza tristi rinunce, senza carestie che, prima o poi, avrebbero portato  – ne sono certa – a qualche pericoloso sgarro.

Dottoressa De Petris, se dovesse brevemente descriversi, cosa direbbe di lei?

Sono medico chirurgo (laurea con lode in Medicina e Chirurgia, nel 2000 a Milano), specialista in Scienza dell’Alimentazione (specialità con lode, nel 2004 a Milano) e mi occupo con passione di tutto ciò che è nutrizione. Ho lavorato per diversi anni all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano come ricercatrice in studi di intervento alimentare per la prevenzione e la terapia dei tumori ormono-sensibili (mammella, colon, prostata) e, con molta soddisfazione, ho potuto constatare come anche in ambito oncologico, l’esclusione di cibi animali dalla dieta sia potentemente protettiva e curativa.
Sono Membro della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana (SSNV) e dell’Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale (ICEA) nonché  Docente di Nutrizione Clinica nei corsi di Alimentazione e Benessere indetti dalla Regione Lombardia e dalla Provincia di Milano.
Ho scritto il libro “Scelta Vegetariana e Vita in Bicicletta”, Il Pensiero Scientifico Editore (aprile 2012)

Quali sono le maggiori richieste dei pazienti?
Fino a qualche anno fa le richieste più frequenti di colleghi e pazienti erano di poter trattare le comuni patologie cronico-degenerative (obesità, ipercolesterolemia, diabete, osteoporosi, gotta…) con un adeguato programma alimentare; negli ultimi tempi invece sempre più persone vengono per imparare a nutrirsi in modo corretto, per stare meglio con se stesse e per prevenire l’insorgenza di eventuali malanni futuri.

Sono molte le persone che scelgono uno stile alimentare vegan?

Con molto piacere posso affermare che il numero di soggetti che sceglie di limitare (o anche eliminare del tutto) i cibi animali è in costante e cospicuo aumento e che nessuno ritorna mai sui suoi passi! Anzi, sono proprio i pazienti a dirmi con orgoglio che non riprenderebbero più a mangiare come una volta! In quanto dietologa, mi capita di avere a che fare con varie tipologie di individui: dal carnivoro convinto, all’adolescente attento alla linea, all’atleta professionista, all’ottantenne amante dei dolci ma con la glicemia un po’ troppo alta, alle numerose donne vegetariane in gravidanza con la precisa intenzione di svezzare vegan i propri bimbi. Pazienti tutti molto attenti e ben disposti a migliorare le proprie abitudini alimentari. Di soddisfazioni ne ho tante, soprattutto con chi, da sempre abituato a mangiare carne, formaggio e latte in quantità, decide di cambiare vita e scopre come sia fisicamente, intellettualmente e psicologicamente molto più vantaggioso limitare il consumo di cibi animali a favore di tutti i numerosi vegetali che abbiamo a disposizione (che molto spesso non conosciamo o non sappiamo come utilizzare!) come: cereali, legumi, verdura, frutta fresca, secca, alghe e semi oleaginosi.
Scelta di vita non solo fattibile, ma auspicabile e ben caldeggiata da sempre più numerose Società Scientifiche di fama mondiale (ADA, WCRF, AIRC…) e da studiosi di grande rilievo come il prof. Umberto Veronesi dell’Istituto Oncologico Europeo e il dott. Franco Berrino, epidemiologo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

Eccomi quindi a disposizione di tutti coloro che vogliono mettersi in gioco per investire sul proprio benessere (attuale e futuro) in modo naturale (niente farmaci o diete da fame), gustoso (si possono preparare ottimi dolci anche senza usare burro, uova o zucchero!) ed etico nel rispetto della propria salute, di quella degli animali e del pianeta.

Lei ha un cane, Igloo. E’ vegano?

Sì, il mio cane Igloo ha 17 anni, è vegano e sta benissimo.

Dottoressa, che tipo di musica ascolta?

Mi piace ascoltare i suoni della natura ma anche la musica classica. Purtroppo non ho molto tempo per ascoltarla: preferisco una bella passeggiata al parco con il mio Igloo.

E ora ascolto un magnifico Dave Matthews in Bartender


Intervista a due creativi


Giusy e Stefano, li ho conosciuti un annetto fa sul web. Ero a New York per frequentare il corso di oreficeria allo Studio Jewelers  (QUI come passavo le giornate in laboratorio…) e, per approfondire certe tecniche, alla sera cercavo su google i siti che potevano darmi le risposte che cercavo.

Anche perchè – è quasi un paradosso – imparavo la terminologia tecnica in inglese ignorando completamente quella italiana. E mi interessava conoscere i termini tecnici e la strumentazione nella mia lingua anche per poter rifornirmi del materiale necessario esprimendo le opportune richieste.

Grazie alle spiegazioni trovate sul sito di Giusy e Stefano, sono riuscita a trovare molte indicazioni. Ma alcune cose volevo ulteriormente approfondirle e così, con un po’ di faccia tosta (che si acquista vivendo sola in una megalopoli e a 6000 km da casa) ho inviato loro un email.

Non solo ho avuto subito la risposta ma è intercorsa, successivamente,  una fitta corrispondenza virtuale che, man mano, travalicava l’argomento meramente tecnico entrando in aree più personali e private che non potevano non finire nella promessa di un incontro, al mio rientro in Italia.

Durante la corrispondenza abbiamo scoperto molti punti di interesse, a partire dalla musica (sono anche musicisti), dall’amore per gli animali, per l’arte, per le moto, per i viaggi. E Giusy non si è mai risparmiata gli incoraggiamenti quando vacillavo e vedevo tutto difficile e oscuro…

L’incontro è avvenuto a Levico Terme, dove hanno l’attività di orafi da 20 anni (provenienti dal Friùli) e dove ho potuto vedere le meraviglie che crea Stefano e la nuova attività di Giusy legata alla trasformazione delle immagini fotografiche.

Alla sera abbiamo concluso la nostra giornata in un ristorante veg poco distante da Levico: Veg Point – Via Alberè 22 – Tenna (TN) – Tel 0461/700149.  E posso dire che anche questo incontro è stato estremamente ricco e positivo, concludendosi con questa intervista.

Stefano, da quando hai iniziato a interessarti di arte orafa?

Dopo le superiori (geometra) e un lavoro come aiutante elettricista, ho iniziato a frequentare un laboratorio orafo nel mio paese d’origine: Codroipo, in provincia di Udine. Qui ho assaporato il piacere del lavoro artigianale, e scoperto una vocazione per quest’arte. E’ strano perché non avrei mai pensato di lavorare nell’ambiente orafo: da un lato non avevo interessi di questo tipo, dall’altro avendo alcuni cugini a Valenza Po (in provincia di Alessandria, tra i più grandi poli orafi d’Italia  – l’altro è Vicenza) che lavorano come operai orafi in vari laboratori o ditte, avevo già catalogato quello come un lavoro settoriale, di pura manovalanza, non adatto a me. L’artigianato è tutta un’altra cosa: segui una creazione dall’inizio alla fine, godendo di tutti i passaggi e vedendola crescere tra le tue mani: è decisamente più soddisfacente e completo, come lavoro!

Chi è stato il tuo maestro (o la tua scuola)?

Non ho fatto scuole d’arte ne’corsi specifici di oreficeria; dall’orafo che ho frequentato al mio paese ho “rubato” molto con gli occhi, e quando mi ha fatto provare l’attività presso un suo collega a Udine, le basi venivano già da sole! Poi lì sono rimasto “a bottega” per parecchi anni e ho imparato l’arte orafa in tutte le sue sfaccettature. La scuola è sicuramente importante, ma non c’è niente di meglio che imparare direttamente sul campo. Tanto la creatività e l’estetica o le hai o non le impari con una scuola, mentre tutti i problemi tecnici che affronti in un laboratorio di creazioni e riparazioni ti preparano alla vita reale e alla possibilità di avviare con competenza un’attività in proprio.

Che cosa o chi, dal Friùli, vi ha spinto in Trentino?

Stefano: Il caso, come spesso capita. Siamo venuti  in ferie in zona per un paio di anni e il luogo ci è piaciuto: entrambi siamo appassionati di montagna, tanto da dedicarci poi a trekking e ferrate. Giusy si stava laureando senza avere prospettive di lavoro se non all’estero, mentre io, dopo tanti anni di lavoro sotto padrone, sentivo che potevo espormi in qualcosa di più personale.

Abbiamo scelto un posto non troppo dissimile dalla nostra pianura ma con tante montagne interessanti attorno, ci siamo lanciati e… eccoci qua! Nel 1992 abbiamo aperto il nostro Laboraotrio Orafo NIGI (www.nigilab.com). Giusy mi aiuta molto nella gestione dell’attività permettendomi di dedicarmi esclusivamente al lavoro “da banchetto” ma nel contempo si esprime anche lei realizzando alcuni modelli personali.

Cos’è che caratterizza le creazioni NIGI?

In Friuli ci sono parecchi laboratori orafi piccoli, per lo più a conduzione familiare, dove si realizzano gioielli secondo un’antica tradizione longobarda, ed è questa che ho sviluppato. I gioielli vengono realizzati con il metodo della “fusione a cera persa” (ossia si lavora prima la cera e poi la si trasforma in metallo) e vengono scolpite delle parti che successivamente non saranno lucidate: questo gioco di oro-lucido e oro-grezzo è tipico delle popolazioni antiche e in Trentino non si vedevano esempi di questo tipo. Abbiamo proposto questa nuova lavorazione


che ha avuto successo sia tra i clienti locali sia tra i turisti,  stranieri e italiani. Alcuni conoscono questa lavorazione con il termine di “oro etrusco”, anche se non sarebbe del tutto corretto in quanto i gioielli antichi di quella zona venivano realizzati con la tecnica della granulazione.

Comunque lavoro anche direttamente il metallo e con la fusione a cera persa realizzo anche gioielleria classica, tutta lucida.
Altre creazioni di Stefano:

So che partecipate anche a mostre, eventi ecc. Cosa ci racconti in proposito?

L’Associazione Orafi in Tentino è ben organizzata creando così eventi e mostre di ogni tipo. Periodicamente realizziamo quindi dei gioielli in tema per le varie mostre (www.nigilab.com/IN ), ma siamo stati inseriti anche nell’Annuario dell’Artigianato Artistico Italiano, nel 1997, e siamo stati segnalati al Premio ArtigiAno 2010 per “la capacità di tradurre in un gioiello la spiritualità di un gesto”: l’opera per il concorso era “Il Segno della Croce”, una croce realizzata con due fili contigui che seguono quel gesto sacro,
appunto: ora questo è il nostro prodotto di punta, quello che più ci caratterizza in zona.
Di tanto in tanto ci occupiamo anche di attività didattica ospitando scolaresche nel nostro laboratorio o eseguendo dimostrazioni pubbliche. Ho sempre amato divulgare il mestiere, spiegando ai clienti i vari passaggi delle lavorazioni e sviluppando un negozio con laboratorio a vista.

Adesso mi sto attivando per diventare Maestro Orafo, ma è un processo molto lungo, distribuito in più anni.

Giusy, tu sei laureata a Ca’Foscari in Lingue e Letterature Orientali e hai viaggiato molto in India. Che cosa ti resta di quell’esperienza sia di studio sia di vita?

Sono stati anni molto ricchi, a livello culturale. Ho sempre amato tutto ciò che è “lontano” e diverso, mi piace confrontarmi con culture alternative alla mia, e questo percorso didattico ha soddisfatto queste mie esigenze.

Studiando la filosofia e le religioni orientali ho imparato tante cose: confrontandole con la nostra cultura ho potuto notare come esistano delle Verità Universali, comuni a tutte le civiltà, e questo è ciò che più mi ha colpito e che si è “inciso” dentro di me influenzando tutto ciò che faccio ed esprimo nella mia vita. Non sono i numeri, i nomi e le date che ti arricchiscono come persona, ma i concetti sottintesi a quelli.

Che lingue hai imparato?

L’Hindi, la lingua principale dell’India (in quanto parlata nella zona della capitale) tra le 14 ufficiali nel subcontinente (alcune perfino con un alfabeto diverso!); un po’ di sanscrito, ossia la sua controparte antica, come il greco e il latino per noi europei; infine l’inglese, che ho specializzato in una facoltà parallela: sempre a Ca’ Foscari di Venezia ma alla facoltà di Lingue e Letterature Occidentali, per poter esercitare l’insegnamento, eventualmente. Ah, dimenticavo, il primo anno di studi ero iscritta ad Arabo, per cui ho iniziato a studiare anche l’arabo classico, il tunisino e il libanese, ma ora non li ricordo più molto.

Siete anche musicisti e il vostro gruppo si chiama Talking Sound.  Come è nata la vostra passione per la musica?

Giusy: la musica è stata la mia prima vera passione, ma la mia famiglia non l’aveva realmente capito per cui ho potuto dedicarmi seriamente allo strumento della chitarra solo in età avanzata (dopo i trenta) e una volta trasferitami in Trentino.
Ho preso lezioni dapprima da un vicino di casa, poi ho seguito i corsi di una scuola seria per qualche anno e infine – dopo alcuni anni durante i quali mi sono dedicata alle composizioni di canzoni proprie, suonato in una band al femminile e fondato un “duo elettrico” con mio marito, chiamato appunto Talking Sound –  ho preso lezioni private per un paio di anni sulla chitarra solistica rock e l’improvvisazione jazz. www.youtube.com/talkingsound1  www.myspace.com/talkingsound.
Con il duo ho dovuto anche cantare, per cui ho iniziato a prendere anche lezioni di canto, ma qui ho più lacune…

Stefano: io invece non avrei mai pensato di dedicarmi alla musica –nemmeno qui… mi sa che la mia vita è stata tutta una sorpresa! Ma vedendo quanto impegno ci metteva Giusy, ho detto, perché no? Qualcosa devo fare anch’io nel frattempo! Così ho studiato la batteria, dapprima nella scuola della banda locale, poi prendendo lezioni da batteristi molto conosciuti in zona. Quando il gruppo di Giusy si è sciolto abbiamo iniziato a provare in casa, dove abbiamo una sala prove, e visto che le cose funzionavano bene anche in due, abbiamo fondato questo duo elettrico e iniziato a suonare in giro le canzoni di Giusy, che è molto creativa, in questo senso.

Insomma: Giusy mi segue nell’attività lavorativa e io l’ho seguita nell’hobby della musica!

Che cos’è il “duo elettrico”?

Giusy: per duo, in musica, si intende ovviamente due strumentisti che suonano assieme. Quando c’è di mezzo almeno uno strumento elettrico, si può parlare di duo elettrico. Noi suoniamo la chitarra elettrica e la batteria, ma esistono duo simili in formazione basso-batteria. Siccome questa formazione non è effettivamente molto conosciuta (eccetto il caso dei White Stripes, probabilmente), e che a molti pare perfino una band “monca” in quanto mancante del basso o della chitarra, ho creato una pagina dapprima su Myspace, infine su Facebook dedicata all’argomento e l’ho chiamata Electric Duo Project. Su myspace (www.myspace.com/electricduoproject) ho radunato tutte le band che trovavo, a livello mondiale (mica tante eh, poco più di un centinaio!); le ho personalmente contattate, mi sono fatta inviare una biografia, foto videi e brani musicali che avevo raccolto e pubblicato in vari lettori e album, poi però c’è stato un cambiamento grafico di grande impatto nel social network e ho perso molto materiale. Non ho avuto più tempo per dedicarmi a quella pagina, che è quindi un po’ abbandonata e incompleta, ora.

Su FB ho invece realizzato una pagina in tema radunando le band italiane, e siamo ora tutti in contatto, scambiandoci date di concerti ecc. http://www.facebook.com/?ref=home#!/group.php?gid=173645233591

Infine per anni ho tentato di realizzare un festival in tema, contattando dei produttori  ma quand’era a buon punto è sfumato tutto per carenza di sponsor: eh questa crisi, non c’è settore che non colpisca!

Giusy, ora hai iniziato una tua attività creativa legata all’elaborazione delle immagini fotografiche. E l’hai chiamata Joy Arte Grafica. Innanzitutto, lo sai che ho chiamato  la mia cagnolina Joy  proprio ispirandomi al  nome che hai dato alla tua attività? Comunque, tornando alla tua arte, da cosa nasce questo interesse per la trasformazione delle immagini su tela?

Sì sì, mi ricordo, si chiamava Gaia ma l’entusiasmo per la mia nuova attività ti ha travolto così tanto che abbiamo condiviso questo splendido nome con le nostre passioni… Sai, certe cose nascono quasi per gioco: durante le lunghe serate invernali mi capitava di rimaneggiare un po’ di foto,  e così ho imparato ad usare con destrezza certi programmi fotografici. Esagerando con le elaborazioni ho visto che nascevano cose nuove, insolite ed interessanti, perfino lontane dalle immagini originarie, ed è stata proprio la sorpresa di veder nascere questi nuovi soggetti e le emozioni di gioia che mi comunicavano, che ho scelto questo nome: JOY.
Ora amo fotografare cose stranissime per poi vedere cosa se ne può ricavare.
Dapprincipio ho elaborato i soggetti astratti e i Daemon (nel senso greco del termine, ossia apparizioni di altri mondi che fungono da messaggeri tra gli dei e gli uomini), li ho stampati su pannelli forex (materiale leggero ma resistente, con la stampa direttamente su pannello, non carta fotografica incollata che poi col tempo cede) e decorato la nostra abitazione. L’interesse degli ospiti era sempre di sorpresa e di gioia, e alcuni di loro me ne hanno ordinato qualcuno. Da qui richieste di soggetti più vari e “comprensibili” come fiori, animali ecc. e quindi mi sono lanciata “sul mercato” elaborando soggetti vari.
Ecco alcune creazioni di Giusy

Se qualcuno volesse vedere le tue opere, dove le trova? E come fa ad acquistarle?

Siccome ho iniziato da poco l’attività, per il momento ho realizzato una semplice pagina facebook (www.facebook.com/joyartegrafica); cliccando su “foto” appaiono degli album suddivisi nei vari soggetti del catalogo. Se interessati basta inviare un messaggio o scrivere a joyartegrafica@teletu.it

Intanto ti ringraziamo per l’interesse, la tua disponibilità nei nostri confronti e il bel lavoro che fai con questo blog. E’ stato un piacere essere intervistati da te!

Ringrazio Giusy e Stefano per il tempo che mi hanno dedicato e per la passione che mi hanno trasmesso, ascoltandoli.

Dedico a loro questo bel blues: il grande BB King in Blues Boys Tune


Secondo giorno con il Dalai Lama


Anche oggi l’incontro è stato emozionante e di grande spiritualità. Al mattino il Dalai Lama ha celebrato il rito dell’iniziazione.
Ha chiesto chi volesse  parteciparvi (per alzata di mano) e ha elencato i 5 voti verso i quali ci si poteva impegnare.
Si poteva impegnarsi per un numero a scelta di voti, anche soltanto uno. E chiunque poteva partecipare all’iniziazione, anche gli appartenenti ad altre religioni. In quel caso l’impegno era rivolto al proprio Essere Supremo. I cristiani potevano pensare a Gesù, i musulmani ad Allah, ecc.
I voti non sono altro che esortazioni  a una vita onesta ed esemplare  che, al di là di qualsiasi rito religioso, andrebbero osservati da chiunque:
1) Non uccidere
2) Non rubare
3) Non mentire
4) Non commettere adulterio
5) Non assumere alcool

Rispetto all’ultimo voto, il Dalai Lama, molto simpaticamente, ha sottolineato che nella tradizione italiana il vino è apprezzato quindi, rispettoso di questa tradizione, ha concesso  agli iniziati buddisti italiani di berlo seppure in quantità modeste.
Anche oggi la sala del Mediolanum Forum era affollata da gente di molte zone d’Italia e del mondo. Si sentivano numerosi accenti italiani e tante lingue straniere e, proprio per questa comunanza di genti e di culture, la sensazione  che ho vissuto era  di grande unione e fratellanza.

Al pomeriggio, per la conferenza pubblica, la scenografia è cambiata. Non più monaci ai lati ma solo il Dalai Lama con il bravissimo interprete, un monaco e un altro signore.

Sono state lette le domande del pubblico alle quali il Dalai Lama ha risposto con grande attenzione e chiarezza.
Tra le domande che mi sono rimaste più impresse, vi era quella di un medico ospedaliero che chiedeva al Dalai Dama come si doveva comportare con certi suoi pazienti che, pur non essendo gravi, erano vittime di grandi sofferenze e turbamenti interiori aggravati dal periodo di crisi generale che stiamo vivendo.
Il Dalai Lama  ha esordito affermando quanto fosse difficile la domanda ma la risposta è stata questa:
La mente è come il sistema immunitario: può essere forte o debole. Se il sistema immunitario è forte ci si ammala poco. Al contrario, se è debole, si è maggiormente vittime di malattie. Così è la mente: se è forte reagisce bene alle avversità, se è debole è travolta da esse.
Il medico deve infondere speranza e saggezza trasferendola ai suoi pazienti in modo compassionevole perché soltanto in questo modo si aiuta a guarire. Ha poi esortato quel medico, per avere migliori indicazioni, a rivolgersi a una persona più esperta, come potrebbe essere uno psicologo, perché lui, il Dalai Lama, non ha grandi esperienze pratiche di quel genere ed è in grado di dare soltanto insegnamenti spirituali.

Una parola la voglio spendere ancora per l’interprete italiano (che traduceva con disinvoltura dal tibetano e dall’inglese) di cui nessuno ha menzionato il nome, purtroppo. Ha tradotto con grande chiarezza non solo dal punto di vista dell’eloquio ma anche dei concetti di estrema profondità, che evidentemente conosce e pratica molto bene, rendendoli fruibili anche a chi, come me, non è avvezzo a questo genere di tematiche.
Tra l’altro, tradurre per ore e ore, per due giornate consecutive, necessita di un impegno che implica fatica e concentrazione oltre che un grande stress. Veramente encomiabile.
Naturalmente lo stimolo ad approfondire  i concetti ascoltati  è forte e, al più presto, cercherò di acquistare qualche testo per iniziare ad approfondire questa religione verso la quale subisco, da molto tempo, un fascino particolare. Perché non è una religione monoteista, perché è tollerante e perché infonde energia positiva e, infine, perché è rivolta, indiscriminatamente, a tutti gli esseri senzienti.
Riporto, a questo proposito, l’introduzione  del libretto che ha accompagnato queste due giornate:

“Possano i meriti generati dall’aver conferito, ascoltato e alla successiva pratica degli insegnamenti qui contenuti, diventare causa e condizioni favorevoli per l’ottenimento dell’illuminazione di tutti gli esseri senzienti.”

Ascoltando le campane tibetane

La prima giornata con il Dalai Lama è QUI