Parlando di amicizia, credo che il pensiero corra, impropriamente, ai Social. Il termine amicizia ha un significato profondo maldestramente ridotto alla banalità dell’uso quotidiano. Purtroppo la rete pullula di Social, nati per soddisfare l’ossessivo desiderio di comunicare e condividere, spesso in modo dissennato.
Si pubblicano foto, spesso di scarsa qualità, in modo compulsivo, si raccontano episodi tragicomici della propria vita, spesso romanzati ma verosimili, che interessano solo a chi li scrive anche se chi li legge lascia commenti affettuosi, positivi, il più delle volte falsi.
Oggi avendo a portata di mano la facile possibilità di comunicare al mondo in ogni momento, non ha che reso il livello dei contenuti estremamente basso. Si comunicano banalità, insulsaggini, fiacchi tentativi di varia mediocrità.
Sempre connessi, sempre pronti con i polpastrelli a picchiare su una tastiera, in modo maniacale, compulsivo.
Oggi quello che conta è il numero degli amici o, meglio, dei follower ed è una gara a chi ne ha di più. Se ne hai poche decine sei uno sfigato.
Io ho una gran voglia di amici veri, ho voglia di liberare l’anima e aprire i rubinetti del pensiero con chi mi ascolta con autentico interesse e affetto. Ho bisogno di coinvolgimento sincero da parte delle persone che amo non da parte di sconosciuti sempre connessi.
E ora ascolto McCoy Tyner, ricordandomi di quando, a New York, lo ascoltai dal vivo al Blue Note. E ancora oggi un brivido mi corre lungo la schiena.