

Riflessioni, nel periodo delle festività, ascoltando Aretha Franklin in “Respect”
Penso alla forzatura delle celebrazioni e a certe distorsioni in nome di tradizioni da onorare e all’obbligo, da parte della massa omologata, di sedersi intorno a un tavolo a consumare pezzi di animali morti: pesci alla vigilia di natale, carni il giorno di natale, cotechino a capodanno. In nome della tradizione. Folle di persone gaudenti, uniformate e insaziabili che triturano, masticano, sminuzzano, con ingordigia e rumoreggiando……. Per mettersi, probabilmente, a dieta e/o iscriversi in palestra dopo la befana.
Il cibo è un aggregante, è vero. E’ uno dei principali mediatori e facilitatori nella relazione con gli altri. Ma lo è qualsiasi cibo, non solo quello animale. E’ il sedersi intorno a un tavolo che favorisce la relazione, lo scambio, il racconto, la condivisione, non CHI c’è nel piatto. E, al di là di tutto, è il legame relazionale che dovrebbe prevalere sul cibo, non il contrario. Se, invece, è il cibo a imporsi – in nome della tradizione – la relazione è debole, insignificante, inesistente.
Sono sempre stata refrattaria a ciò che è consuetudine e conformismo non come atto di ribellione fine a sé stesso ma per quello spirito critico e quel distacco che mi hanno sempre animata e indotta a riflettere e dare un senso ai miei comportamenti. Mi piace molto stare sola ma amo anche stare con le persone con cui ho uno scambio dialettico, una discussione accesa, utile al mio arricchimento umano e culturale. E farlo davanti a preparazioni cruelty free è ancora meglio.
La tradizione non deve essere qualcosa di statico, rigido e inaccessibile ma impermanente e soggetta a cambiamenti, utili al proprio benessere e vantaggiosa per tutti. Tutto cambia, la permanenza è un’illusione e niente è eterno.
Dobbiamo rompere le righe. Se, per esempio, è tradizione far scoppiare i botti a capodanno per divertimento, dobbiamo cambiare direzione perché sono un danno per gli animali e per l’ambiente oltre che pericolosi e inquinanti.
Allo stesso modo possiamo cambiare la tradizione che “impone” di stare insieme attorno a un tavolo con animali nei piatti senza sentirci frustrati, delusi e traditori. Il segreto è l’inclusione non l’esclusione.