Archivi del mese: Maggio 2012

Fantasmini, pinocchietti, vade retro!


Con la bella stagione l’esposizione all’orrore è perennemente in agguato.

A volte, per non vedere certe oscenità, vorrei fosse sempre inverno.   Ma tant’è… Io amo l’estate anche se mi devo sottoporre a queste cadute di stile. Horribile visu mi viene da dire.
Questo terribile accessorio (quasi peggio dei cuscinetti alle spalle anni ’80 che le signore continuavano ad aggiustarsi causa scivolamento) chi l’ha inventato?
E non ne sono immuni né donne né uomini. Uomini in giacca e cravatta, mocassino e, ai piedi, i fantasmini che si intravvedono.
Ma non farebbero meglio a mettersi un paio di calze?

E, donne in tailleur, tacco a stiletto e fantasmini.  Magari color carne…perchè non si vedano. E invece si vede!

Per non parlare dei pinocchietti  – indossati da padri di famiglia (e, talvolta, pure da nonni) – che lasciano scoperti 10 cm di gamba. Ma non si guardano allo specchio?

Sarà che, andando a spasso con la Joy, oggi ne ho visti troppi!  E lo sfogo mi serve a scacciare i dèmoni del pensiero.

Sto ascoltando  Stan Getz&Chet Baker in I’m old fashioned


Un altro incontro positivo e ancora telepatia

Venerdì scorso, un’altra bella avventura, come quella appena vissuta con Silvia.
Ho incontrato, a Milano, Sara del blog De felicitate animi. L’avevo conosciuta grazie a un suo commento in qualche blog e quel titolo classicheggiante che aveva dato al suo blog, mi aveva trasmesso una sensazione bellissima. L’idea che dietro lo schermo ci fosse una persona di spessore si faceva sempre più strada.
Al liceo amavo tantissimo il latino e  tutto ciò che oggi lo evoca mi rimanda a bei tempi che furono dandomi la piacevole sensazione che la cultura sia qualcosa di vivo e che l’epoca tecnologica non ne  offusca il fascino.
E  questo connubio di innovazione e tradizione, espressioni, rispettivamente dal web e dal latino, non mi era proprio sfuggito.

Già Libera , quando ci siamo sentite al telefono, mi aveva parlato di Sara descrivendomi una ragazza di valore, sensazione che aveva percepito incontrandola a “Identità golose” qui a Milano.
Ci siamo incontrate in piazza del Duomo e, almeno per me, è stato subito feeling. Una ragazza diretta, dallo sguardo trasparente, senza sovrastrutture, senza convenevoli, senza impacci.
Data l’ora, abbiamo deciso di pranzare insieme e, anche in quel caso, non è stato difficile trovare un accordo in pochi minuti. Siamo andate da Viel 8+ in Via dell’Unione 3 – Qui c’è una recensione del locale (non ho trovato un sito).
La sensazione di conoscerci da tanto tempo è stata immediata e anche in Sara, come avevo trovato in Silvia, la leggerezza nella relazione era palpabile e piacevolmente intrigante. Avere una relazione di amicizia con una persona lieve  alimenta non solo la voglia di rivedersi ma anche  il desiderio di approfondire gli inevitabili aspetti di diversità tra le persone.
Non voglio, nemmeno questa volta, che le parole si sovrappongano alle sensazioni e non dirò altro.
Ma un’ultima cosa mi preme aggiungerla.
Nel titolo parlo di telepatia…. Non avevamo la stessa borsa, come con Silvia ma, tornando a casa dopo l’incontro, ho mandato un email a Sara, dalla metropolitana, con il BlackBerry. Dopo l’invio, Sara mi risponde (pensavo si trattasse della risposta…..) con lo stesso oggetto. Ho pensato, piacevolmente, a una risposta tempestiva.  Invece no, le email si erano incrociate.
E l’oggetto – ha dell’incredibile – era perfettamente identico!!!!  Se questa non è telepatia!!!

Lascio solo un paio di immagini, scattate da un passante.

Sara è venuta benissimo, io sembro tumefatta….

Qui sotto Sara mentre fa il shaka sign (l’hang loose hawaiiano). Perchè la fortunella quest’estate se ne andrà alle Hawai’i!!!

E allora non posso che dedicare a Sara “Hawai’i 78” di  Israel “IZ” Kamakawiwo’ole.


Un tenero fine settimana

Ecco i miei nipotini.
Stare con loro mi riempie di tenerezza. Quando vengono a trovarci assorbono tutto il tempo a disposizione e ogni energia residua ma è una sensazione impagabile. Riesco  a postare queste foto mentre uno dorme e l’altro, cinefilo come il nonno, è andato al cinema.
Il prossimo post sarà dedicato a un altro bell’incontro, qui a Milano, con una simpatica blogger.


Questo è Andrea, ciucci e tecnologia.

Qui si sono aggiunti Tommaso e Joy.

Ed eccoli qui tutti  e tre!
Sto ascoltando Art Blakey in Ya Ya.


Un bellissimo incontro

Ieri mi sono incontrata a Milano con Silvia del blog Ninehoursofseparation.

Non vorrei rovinare con le parole quell’incontro così ricco di sensazioni belle e positive. Sensazioni che non mi erano mai capitate prima da un incontro reale con una blogger.
Ma due cose le vorrei dire lo stesso.

Incontrando Silvia l’ho subito riconosciuta e non solo perché ne ho riconosciuto l’immagine fotografica  pubblicata in rete ma l’ho ritrovata attraverso i suoi  racconti, la sua vita descritta nel blog, le sue pubblicazioni. E questa è stata la sensazione più bella, quella di conoscerla già.

Silvia ha un sorriso disarmante e una leggerezza che rapisce. Si percepisce dal suo sguardo, dalla sua attenzione all’ascolto, dal suo dire e dalla sua apertura che dimostra la sua libertà mentale.

Siamo state insieme poco meno di due ore, al bar Magenta di Milano con Seb, mio marito, e la nostra cagnolina Joy, che è stata bravissima.
Il tempo è volato.

E poi, che dire della borsa della mia amatissima libreria Strand che, senza che ci fossimo messe d’accordo (lo giuro!!), avevamo uguali?

Silvia ed io al momento dell’incontro, in piazza Cadorna, sotto la scultura di Claes Oldenburg ago, filo e nodo


Silvia al Bar Magenta

Dedicato a Silvia (che vive, gran parte dell’anno, in una delle città più belle del mondo): Friday night in San Francisco di Al di Meola&Paco de Lucia


Intervista a uno scrittore

Roberto Curatolo, medico, psicologo, scrittore, viaggiatore.

Ho conosciuto  Roberto Curatolo anni fa quando faceva il Medico del Lavoro in un’azienda sanitaria e da subito, incontrandolo, ne apprezzai la gentilezza dei modi, lo stile, l’eloquio pacato (ingentilito dalla erre alla francese) e la vasta cultura.

Di lui apprezzai, inoltre, la capacità di ascolto, l’attenzione verso gli altri e quella certa malinconia negli occhi tipica di chi sa vivere  con intensità, passione  e senso critico ogni evento, ogni momento,  ogni aspetto della vita.

Ma Roberto, oltre che un bravo professionista scientifico, è anche un apprezzato narratore nonchè scrittore di testi teatrali.

Roberto vive a Milano e ha due figli: Marco – architetto e apprezzato fotografo  a Milano e Andrea – ingegnere ricercatore a Perth – in Australia.

Roberto, quando hai deciso di fare il Medico?
Ho frequentato il liceo scientifico. Già allora mi piaceva scrivere e al termine del liceo avrei volentieri scelto la facoltà di lettere. Ma, a quei tempi (tempi piuttosto lontani) chi proveniva dal liceo scientifico non poteva iscriversi a lettere e a filosofia. Quindi la scelta di medicina fu una sorta di ripiego. Comunque l’interesse per l’argomento non mi mancava. Dopo il primo anno di università, arrivò la riforma che consentiva ad ogni “maturato” di iscriversi alla facoltà che preferiva. Chiesi a mio padre di lasciare medicina e di iscrivermi a lettere. Con molta intelligenza lui mi propose di frequentare le lezioni delle materie letterarie (per trasferire l’iscrizione c’era tempo fino a fine dicembre e le lezioni cominciavano a settembre) per verificare se effettivamente le mie aspettative trovavano un riscontro. Fu un consiglio molto utile: chissà perchè, mi ero messo in testa che mi sarei trovato in una sorta di cenacolo letterario, in un circolo di giovani scrittori, in un ambiente stimolante ed elettrizzante. Invece mi ritrovai in vecchie aule semivuote con professori poco affascinanti e compagni di corso uguali a quelli delle aule di medicina. Va detto che ero giovane, imbottito di fantasie bohemiennes e ancora molto lontano dall’immaginare che l’ambiente letterario non è granchè diverso da qualunque altro ambiente professionale.
Proseguii dunque medicina e non me ne sono pentito. Allora mi interessavano soprattutto le problematiche psicologico-psichiatriche: a quei tempi, nel cercare le cause della malattia mentale, ci si divideva tra organicisti e ambientalisti. Era un confronto molto acceso e io stavo dalla parte degli ambientalisti.
 
La tua attività di medico ha contaminato/condizionato quella di scrittore?
Senza dubbio. Pochi fanno caso al fatto che la storia della letteratura è ricchissima di grandissimi autori che erano medici. Alcuni nomi? Possiamo cominciare da Rabelais per proseguire con Cechov e poi Bulgakov, Cronin, Celine, Maugham, Schnitzler, Conan Doyle, Carlo Levi, Tobino, Lobo Antunes, Crichton e tanti altri. C’è un bel libro francese, “Le bisturi et la plume”, che è una sorta di enciclopedia dei medici scrittori. Perchè tanti medici nella grande letteratura e non altrettanti ingegneri, architetti, farmacisti o biologi? Perchè il medico ha a disposizione, nella sua professione, un’infinita quantità di spunti che gli vengono dalla frequentazione assidua con le storie delle persone, con la nascita, le malattie e la morte delle persone. Con la possibilità di frequentare le loro case e le loro famiglie.
 
Da quando hai iniziato a scrivere?
Ho iniziato a 13 anni. Con la poesia, come fanno in tanti. Fino a 30 anni circa, ho scritto solo poesia. Poi ho capito. Ho capito che la mia poesia non bucava il foglio. Ho letto tantissima poesia. E se leggi la poesia dei grandi, ti rendi conto che cos’è la grande poesia. E allora ho lasciato perdere e ho buttato tutto. Tutto sommato è più facile essere un buon narratore che un buon poeta. Comunque ho conservato la prima poesia: un sonetto per una ragazzina per la quale stravedevo. Anni fa l’ho riletta: ho provato un misto di tenerezza e commozione. Sono rimasto sorpreso dalla potenza dell’innamoramento di quell’età.
 
Da cosa sei ispirato nei tuoi testi?
Sono affascinato dalle storie delle persone. Ascolto e rubo. Sono un ladro di storie. Ovviamente in letteratura “funzionano” di più le storie dei losers, dei perdenti. E anch’io sono affascinato maggiormente dalle storie di quelli che il grande pittore e scrittore Lorenzo Viani definiva i “deplacés”, quelli che stanno ai margini. Non devono essere necessariamente degli emarginati, magari stanno dentro i margini, ma sul confine. E’ un attimo finire fuori.
 
Si sa che nel nostro paese non si legge molto e Internet non migliora questa condizione considerando anche che l’elettronica (eBook) sta sempre più sostituendo i libri cartacei e il piacere del profumo della carta e del fruscio delle pagine.
Cosa ne pensi?
E’ un dibattito molto acceso. Già una quindicina d’anni fa si era cominciato a dire che la sorte del libro cartaceo era ormai segnata. In realtà ciò che ha veramente modificato i rapporti di forza è stato l’arrivo sul mercato dei tablets: quelli, sì, possono veramente far diventare il libro cartaceo un oggetto d’antiquariato. Si dice che i libri faranno la fine dei dischi: scompariranno. Può essere. So che a me continua a piacere di più un libro con pagine da sfogliare e ai cui margini annotare qualche impressione.
 
Hai degli hobby?
Hobby nell’accezione vera e propria del termine, no. Ho molti interessi. Il principale, nella mia vita, è stato viaggiare. Ho conosciuto molti luoghi e molte genti. Credo che chiunque viaggi, con gli occhi aperti e l’animo disponibile, beninteso, non possa che diventare un uomo migliore. Chi viaggia non può essere razzista, settario, fanatico. Ho sognato di viaggiare fin da bambino. E ho cominciato a farlo fantasticando su un atlante di geografia. E poi mi piace molto il cinema, mi piace camminare in ambienti naturali e non antropizzati e, per finire con un’affermazione di sconcertante banalità, sono affascinato dall’universo femminile.
 
Spiegati meglio. Cosa intendi per essere affascinato dall’universo femminile?
Beh, al di là della banalità di condividere con qualche miliardo di uomini questo genere di attrazione, mi sento di aggiungere che sono assolutamente convinto che le donne siano di gran lunga più evolute dei maschi. Sono avanti in fatto di sensibilità, di equilibrio, di praticità. Sono certo che il mondo, in mano alle donne sarebbe molto più vivibile. Non mi piace quando inseguono gli uomini su alcuni terreni, come, ad esempio, quello militare: non sopporto le donne-soldato. Ho avuto la fortuna, sopratutto attraverso le esperienze professionali, ma anche tramite quelle personali, di approfondire la conoscenza dell’universo femminile e di sentirmi spesso in sintonia con esso. E poi non posso dimenticare che oggi la letteratura mantiene il suo ruolo soprattutto grazie alle lettrici: senza di loro la gran parte delle case editrici avrebbe chiuso. Il complimento più bello che ho ricevuto come scrittore è stato quando alcune lettrici, dopo aver letto alcuni miei testi in cui raccontavo storie di donne, magari con la protagonista femminile che parlava in prima persona, mi è stato detto che quei racconti sembravano scritti da una donna.
 
Se potessi scegliere un luogo dove vivere quale sceglieresti?
E’ una domanda che mi mette in difficoltà. Anche se vedo tutte le debolezze e le manchevolezze del nostro paese, ci sono indubbiamente legato. Certo, se avessi un casale nel senese o in Umbria, ci andrei volentieri. Ma non mi piace fantasticare su situazioni irrealizzabili. Ho un figlio che vive in Australia: là mi piace, non è detto che, quando smetterò di lavorare, non vada a trascorrere metà dell’anno laggiù, down under.
 
Che consiglio daresti a una persona che vorrebbe iniziare a scrivere?
Nessuno sa scrivere per dono divino o per capacità congenite. Imparare a scrivere è un percorso lungo e impegnativo. E, potenzialmente, non si finisce mai di migliorare. Ci vogliono tecnica e inventiva. Puoi avere inventiva ma senza tecnica non vai lontano. E puoi avere tecnica, ma se non hai l’inventiva e la sensibilità, scrivi aridamente. Io ho avuto la fortuna di avere un eccezionale maestro, Giuseppe Pontiggia. Frequentai i suoi corsi di scrittura. Già scrivevo, ma quei corsi mi fecero modificare profondamente il mio modo di scrivere. Furono soprattutto un necessario bagno d’umiltà. Quindi a chi inizia a scrivere, consiglio di accettare serenamente le critiche costruttive e di non essere mai convinti di essere un crac della letteratura.
 

Come Maestro di scrittura hai avuto un Signor Maestro!!!
Sì, Giuseppe Pontiggia rappresenta per me un mito. Un uomo di sterminata cultura. Possedeva in casa propria la terza biblioteca milanese, quanto a numero di libri (circa 35.000!). Ho frequentato la sua casa e la sua famiglia. Mi voleva bene e credo che avesse fiducia nelle mie qualità scrittoriali. La sua morte prematura mi ha procurato un dolore profondissimo.

 
E a un giovane che volesse intraprendere gli studi di medicina?
Gli direi, come scrisse Paul Klee, di seguire i battiti del suo cuore. Di intraprendere una via lunga e difficile solo se si sente portato e se ha attenzione per la sofferenza umana. Anche in questo caso, come nella scrittura, la tecnica non basta: sono necessarie capacità d’ascolto e sensibilità. Ai miei tempi, molti si iscrivevano a medicina con la prospettiva di fare soldi. Già allora, però, la professione non era più così remunerata come una volta. E oggi è ancora peggio. Potrei dire che oggi serve ancora più passione rispetto a una trentina d’anni fa.
 
Quando scrivi, ascolti anche musica?
No, quando scrivo, ho bisogno del massimo silenzio. Mi piace moltissimo la musica, presenzio da sempre a molti concerti, soprattutto rock, blues e folk, ascolto la musica appena posso, ma non quando scrivo. Ho bisogno della massima concentrazione.
 
 I LINK dei LIBRI di Roberto
http://www.mannieditori.it/libro/lampi-di-buio
 
Ringrazio Roberto per il tempo che mi ha dedicato, rubandolo alla sua attività, e per la sua deliziosa disponibilità.
Gli dedico un meraviglioso e struggente  Blues di John Lee Hooker con Ry Cooder in Boom Boom, dal vivo alla House of Blues di Los Angeles, uno dei miei luoghi preferiti a LA (buon ascolto!).

Maleducazione stradale e meretricio….

Ieri, passeggiando con Joy, ho osservato questa scena, tra  due automobilisti.

Una signora taglia la strada a un signore.

Lui, a squarciagola, le urla: Troia!

Qualcuno mi spiega qual è il nesso tra tagliare la strada e praticare il meretricio?

Meglio ascoltare  Dave Matthews Band in Funny the way it is

PS: Quanto mi piace Dave Matthews!!!!!!!


Prove tecniche di breakfast (buffet salato)

Ed eccomi con la parte salata del buffet che intenderei preparare per il mio B&B vegan.
La parte dolce è descritta in questo post:
Innanzitutto ringrazio tutti coloro che mi hanno dato  i suggerimenti necessari per  creare un’offerta più ampia del buffet non limitandomi solo a prodotti dolci.
E ringrazio Pippi e Andrea (ne ho parlato qui)  che oggi sono venuti a trovarmi a Milano prestandosi a fare da cavie a tutte le preparazioni esposte e accettando di consumare la cena come se fosse stata una colazione……
Qui sotto due  foto d’insieme del buffet salato.

Qui sotto la zona formaggi (tutti autoprodotti): in primo piano la ricotta, a destra il caprino (ricetta qui), a sinistra il Monterey Jack (ricetta tratta da una delle mie bibbie: The Ultimate Uncheese Cookbook di Jo Stepaniak)


Qui sotto i cherry  cranberry sage sausages (autoprodotti) – Ricetta tratta da un’altra bibbia: Vegan brunch di Isa Chandra Moskowitz


Tofu (autoprodotto) strapazzato

Pane (autoprodotto) ai semi di lino e papavero. Con la pasta madre che oggi mi ha portato in dono Pippi (e che pare sia tramandata dal 1800) il pane sarà più buono.

I cracker – autoprodotti –  all’okara e farina di grano saraceno (ai sapori di paprika, curry e lisci)

Ascoltando il grande Michel Petrucciani in Caravan


Prove tecniche di breakfast (buffet dolce)

Sono giorni che mi sto dando da fare per preparare alcune ipotesi di breakfast da pubblicare nel sito del B&B. In compagnia di McCoy Tyner in Passion Dance è tutto più facile e lieve.
L’idea sarebbe quella di una colazione a buffet con prodotti prevalentemente locali, biologici e autoprodotti. E, ovviamente, vegan.
Da variare di settimana in settimana dando spazio a cibi della tradizione locale.
Per poter offrire cibi autoprodotti è obbligatorio partecipare a un corso formativo di igiene degli alimenti. Non vedo l’ora!
Il buffet illustrato  è composto – partendo dal basso –  da:

  • muffin ai mirtilli autoprodotti
  • caffè d’orzo
  • yogurt di soia autoprodotto
  • macedonia
  • torta di grano saraceno autoprodotta (ricetta qui sotto)
  • succo di mirtilli
  • pane autoprodotto
  • philaVEG autoprodotto (ricetta QUI)
  •  marmellata di mirtilli
    In aggiunta: cereali, caffè di moka, tè, tisane.

In primo piano si notano meglio marmellata (ai mirtilli), philaVEG e pane.
Yogurt fru fru (yogurt di soia con macedonia e cereali)
TORTA di GRANO SARACENO
E’ una torta della tradizione trentina e altoatesina.
Ingredienti:
60 grammi burro di soia (o margarina)
40 grammi  olio di mais
40 grammi sciroppo di datteri (o d’acero o malto)
60 grammi zucchero di canna
30 grammi farina di mandorle
130 grammi farina di grano saraceno
50 grammi farina di manitoba
150 grammi latte di soia
1 cucchiaino di baking powder ( o lievito per dolci)
1 cucchiaino bicarbonato di sodio
20 grammi panna di soia
2 cucchiai di semi di lino tritati (= 2 uova di lino)
marmellata di mirtilli per farcire
zucchero a velo per la copertura
Procedimento:
Amalgamare il burro di soia e l’olio di mais con lo sciroppo di datteri e lo zucchero.
Aggiungere la farina di mandorle mescolando bene.
Successivamente inserire nell’impasto tutti gli altri ingredienti fino a ottenere un composto morbido e omogeneo.
Disporre il composto in una piccola tortiera (per la quantità degli ingredienti utilizzati non deve essere di diametro superiore a 20 cm) foderata di carta forno.
Inserire in forno a 180 gradi per 40 minuti (è opportuno controllare).
Togliere dal forno la torta e attendere che si raffreddi.
Tagliarla a metà e farcirla con la marmellata di mirtilli.
Spolverizzare la superficie con zucchero a velo.
Spero di riuscire nell’impresa….
Chi volesse aiutarmi con critiche, anche severe, o suggerimenti, mi farà solo felice! Grazie!

Involtini di vite, pensieri fissi e una giornata rilassante con Pippi


E’ da un po’ che non scrivo e che non leggo i blog amici a causa di una situazione emotivamente complessa che non mi dà la necessaria leggerezza per distrarmi e lasciarmi andare ai pensieri nomadi.
In questo periodo i miei pensieri sono tutt’altro che nomadi ma fissi, sul pezzo, e non c’è verso di smuoverli. Sono lì, immobili, fermi, granitici……
Ma restare sul pezzo mi è utile perché mi aiuta a organizzare e costruire il mio progetto senza digressioni……
Ho, infatti, in mente di aprire un B&B vegan  a Torbole, sul lago di Garda, zona di velisti e surfisti ma non solo.
Non è una decisione leggera perché implica un cambiamento radicale della mia vita senza contare la paura di non essere all’altezza del progetto e di fallire.
Ecco, questo è il pezzo su cui medito.
Parlerò più a lungo quando prenderà forma l’idea che, già da quest’anno – da luglio – vorrei realizzare.

Tra un’inquietudine e l’altra, anche le ricette languono…
Sono solo riuscita a preparare gli involtini di vite, ricevuti in regalo da Pippi, l’amica di Genova che, qualche giorno fa, è venuta a trovarmi al paesello, QUI, dove abbiamo trascorso, in piacevoli chiacchiere, in compagnia dei nostri mariti e della mia cagnolina Joy, un bel pomeriggio e serata. Pippi si è fatta promettere che ricambierò la visita per conoscere Cleo, la sua gattona milanese (presa al gattile MondoGatto di Milano).
Promesso!

Ingredienti per 20 involtini:

20 foglie di vite  per gli involtini (fresche o conservate, come le mie)
8 foglie di vite da adagiare nella padella
1 cipolla
olio EVO
140 grammi di riso
una manciata di foglie di menta
una manciata di prezzemolo
1 limone
acqua o brodo vegetale
sale
pepe

Procedimento:

Far rosolare la cipolla, finemente tritata, nell’olio EVO.
Aggiungere il riso, le erbe tritate, il sale, il pepe e due bicchieri di acqua o, in alternativa, del brodo vegetale. Far cuocere una decina di minuti. Spegnere il fuoco.
Nel frattempo sbollentare le foglie di vite (solo se fresche) o sciacquarle in acqua corrente (solo se conservate). In entrambi i casi, disporle qualche minuto per ciascun lato su un canovaccio pulito o su carta tipo scottex per asciugarle.
Quando il riso si è raffreddato disporne un cucchiaino al centro della foglia (la parte con il picciolo verso di noi) e arrotolarla fino in fondo. Ripiegare, successivamente, le due estremità della foglia verso il centro legando l’involtino, così ottenuto, con lo spago da cucina.

Disporre 8 foglie sul fondo della padella e, sopra queste, gli involtini disposti uno accanto all’altro e anche sopra.
Versare il succo di un limone e acqua necessaria a coprire lo strato (o gli strati) di involtini.
Cuocere a fuoco basso per un’oretta o fino a che l’acqua si sia assorbita. Per tenere fermi gli involtini, evitando che si spappolino, si può appoggiarvi sopra un piatto con un peso.

E ora una foto rilassata: Pippi con il nuovo look e Titti (con in braccio Joy…e i capelli ribelli)

Ascoltando la batteria travolgente ed energetica   di Max Roach  live