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Involtini di vite, pensieri fissi e una giornata rilassante con Pippi


E’ da un po’ che non scrivo e che non leggo i blog amici a causa di una situazione emotivamente complessa che non mi dà la necessaria leggerezza per distrarmi e lasciarmi andare ai pensieri nomadi.
In questo periodo i miei pensieri sono tutt’altro che nomadi ma fissi, sul pezzo, e non c’è verso di smuoverli. Sono lì, immobili, fermi, granitici……
Ma restare sul pezzo mi è utile perché mi aiuta a organizzare e costruire il mio progetto senza digressioni……
Ho, infatti, in mente di aprire un B&B vegan  a Torbole, sul lago di Garda, zona di velisti e surfisti ma non solo.
Non è una decisione leggera perché implica un cambiamento radicale della mia vita senza contare la paura di non essere all’altezza del progetto e di fallire.
Ecco, questo è il pezzo su cui medito.
Parlerò più a lungo quando prenderà forma l’idea che, già da quest’anno – da luglio – vorrei realizzare.

Tra un’inquietudine e l’altra, anche le ricette languono…
Sono solo riuscita a preparare gli involtini di vite, ricevuti in regalo da Pippi, l’amica di Genova che, qualche giorno fa, è venuta a trovarmi al paesello, QUI, dove abbiamo trascorso, in piacevoli chiacchiere, in compagnia dei nostri mariti e della mia cagnolina Joy, un bel pomeriggio e serata. Pippi si è fatta promettere che ricambierò la visita per conoscere Cleo, la sua gattona milanese (presa al gattile MondoGatto di Milano).
Promesso!

Ingredienti per 20 involtini:

20 foglie di vite  per gli involtini (fresche o conservate, come le mie)
8 foglie di vite da adagiare nella padella
1 cipolla
olio EVO
140 grammi di riso
una manciata di foglie di menta
una manciata di prezzemolo
1 limone
acqua o brodo vegetale
sale
pepe

Procedimento:

Far rosolare la cipolla, finemente tritata, nell’olio EVO.
Aggiungere il riso, le erbe tritate, il sale, il pepe e due bicchieri di acqua o, in alternativa, del brodo vegetale. Far cuocere una decina di minuti. Spegnere il fuoco.
Nel frattempo sbollentare le foglie di vite (solo se fresche) o sciacquarle in acqua corrente (solo se conservate). In entrambi i casi, disporle qualche minuto per ciascun lato su un canovaccio pulito o su carta tipo scottex per asciugarle.
Quando il riso si è raffreddato disporne un cucchiaino al centro della foglia (la parte con il picciolo verso di noi) e arrotolarla fino in fondo. Ripiegare, successivamente, le due estremità della foglia verso il centro legando l’involtino, così ottenuto, con lo spago da cucina.

Disporre 8 foglie sul fondo della padella e, sopra queste, gli involtini disposti uno accanto all’altro e anche sopra.
Versare il succo di un limone e acqua necessaria a coprire lo strato (o gli strati) di involtini.
Cuocere a fuoco basso per un’oretta o fino a che l’acqua si sia assorbita. Per tenere fermi gli involtini, evitando che si spappolino, si può appoggiarvi sopra un piatto con un peso.

E ora una foto rilassata: Pippi con il nuovo look e Titti (con in braccio Joy…e i capelli ribelli)

Ascoltando la batteria travolgente ed energetica   di Max Roach  live


Le mie radici (seconda parte)

Lingueglietta  è nella classifica  dei Borghi più belli d’Italia,  ed è il paesino dove nacque Mario, mio padre e dove, nel piccolo cimitero vista mare, vi riposa da 25 anni. Morì giovanissimo lasciandomi un vuoto incolmabile e un rapporto molto complesso rimasto, inevitabilmente, in sospeso  e, di conseguenza, irrisolto e incompiuto. Di lui mi resta l’amore per il jazz, per i viaggi, lo spirito un po’ avventuriero, il senso dell’umorismo  e alcuni insegnamenti che, ancor oggi, ritengo fondamentali e imprescindibili.  Mi ripeteva:

“Lasciati sempre guidare da questi due fari: onestà e conoscenza”
“Ascolta sempre jazz”
“Leggi molto”
“Viaggia molto, osserva, confrontati”
“Studia”
“Non dire no grazie a chi ti offre qualcosa, pensando di essere educata perché se hai voglia di accettare, accetta. Allo stesso modo quando offri qualcosa lo devi fare  sempre con il cuore, con generosità, altrimenti astieniti.”
“Le cose nuove usale, non tenerle in un cassetto temendo di usurarle o rovinarle o di fare torto a chi te le ha donate. Le cose vanno usate, non sono  oggetti di culto.”

Questa è l’altra parte delle mie radici, forse  meno significativa dal punto di vista della mia formazione ma non meno intensa.

La prima parte è rappresentata da Torbole sul Garda e ne ho parlato QUI


Un tipico carruggio in ardesia e cotto
Lingueglietta non ha strade carrabili ma solo carruggi che, un tempo, erano percorsi solo dai muli dei contadini. Le automobili si lasciano al parcheggio della piazza della Chiesa o in un nuovo parcheggio più lontano e, se questo è uno svantaggio per il trasporto di borse e bagagli, è un grande vantaggio per la pace e il piacere del silenzio.

La pizzeria “La fortezza”

La terrazza della Pizzeria “La fortezza”

Vista di San Lorenzo al mare dalla terrazza della mia casa

Lingueglietta per me è  il profumo dei limoni, il fascino degli olivi, i colori delle bouganville, il mare, le donne con i segni della fatica sul volto rugoso, è il ricordo del mulo di Terzilio che percorre i carruggi fino al frantoio, la nostalgia del bar di Fifina e l’odore delle sue sigarette forti, la festa di San Rocco,  i dolci all’anice, mio padre che mi parla sotto il secolare leccio e mi dice che mi vuole bene.
La mia casa qui non è quella che fu dei miei nonni paterni ma un acquisto che desiderò fare mio padre per  trascorrere, lontano dalla città e nel suo paesino natale, periodi più o meno lunghi di riposo, una sorta di buen retiro.
Le cose non andarono secondo il disegno immaginato anche in seguito alla separazione dei miei. La casa fu quasi in stato di abbandono per molti anni e io stessa quel luogo e quelle zone le trovavo ostili perché mi evocavano ricordi dolorosi, distacchi affettivi e lacerazioni forti.
Con l’aiuto di mio marito Seb, sempre al mio fianco e sempre pronto a curare le mie ferite, alcuni anni fa decidemmo di ridare vita a quella casa bellissima e ritornare con animo leggero in quei luoghi d’infanzia.
La casa, grazie alla presenza di simpatici e innocui piccoli gechi in terrazza, l’abbiamo chiamata “La casa dei gechi”.

Lingueglietta (zona “Villa”, parte bassa) vista dalla strada verso San Lorenzo al mare

La mia casa è quella rosa con le imposte verdi

I gechi in ferro sulla rete

La mia terrazza

San Lorenzo al mare dalla mia terrazza

Cesto di limoni dell’albero di Giovanni, mio amico d’infanzia e vicino di casa.

Finalmente mi sono riconciliata con questa terra, ho superato  le ultime resistenze ad andarvi e ora mi godo un luogo bellissimo dal clima invitante tutto l’anno, a un passo dalla Costa Azzurra con la possibilità di scegliere la pace e il silenzio del paesino oppure la vita frenetica della riviera a 5 km.
Ascoltando uno dei pezzi che ascoltavo insieme a mio padre: Bix Beiderbecke in Candelights