I ciclisti non hanno mai goduto della mia simpatia perché sono tutti – chi più, chi meno – indisciplinati.
Sì, tutti.
E questa sregolatezza è uguale in tutto il mondo o, almeno, nei paesi che ho visitato (che non sono pochi).
Passano con il rosso, sfrecciano sui marciapiedi (a volte scampanellando per chiedere strada… In Giappone è consentito viaggiare sui marciapiedi), attraversano le strisce pedonali in sella (e, spesso le attraversano solo a metà “da pedone” per poi immettersi, inopinatamente, nella carreggiata “da veicoli”), pedalano in coppia (affiancati) per chiacchierare, pedalano sulla riga di mezzeria, pedalano nelle corsie riservate agli autobus rallentandone l’andatura, parcheggiano davanti agli ingressi dei negozi, negli spazi riservati alle moto o, addirittura, nello stesso spazio dove si trova già una moto, costringendo il malcapitato motociclista a manovre faticose per uscire, legano la bici ai cancelli.
Perché scrivo tutto questo, visto che ho già scritto QUI? E perché non ho citato l’infrazione, a mio avviso più pericolosa, che commettono i ciclisti e che è quella di andare contromano?
Perché è pazzesco che ci sia un provvedimento che consente ai ciclisti di andare contromano!
E’ vero che, perché ciò sia possibile, le strade devono essere larghe almeno 4,25 metri e che la velocità massima sia di 30 km/orari
Ma chi rispetta una velocità di 30 km/orari ?
Su certe strade cittadine (parlo della mia città, Milano) a scorrimento veloce, è quasi impossibile andare a 50 km/orari. Figuriamoci a 30!
E siamo sicuri che i ciclisti percorreranno contromano solo le strade consentite? Non credo proprio.
Trovo che questo provvedimento sia veramente incauto e dissennato soprattutto per i ciclisti che, trovandosi di fronte un automobilista che, per riflesso condizionato, non si aspetta nessun veicolo contromano, finiscano a terra.
Certo, motociclisti e automobilisti non sono immuni da scorrettezze. Ma i ciclisti – sarà perché si sentono ecologici o perché non hanno targa- hanno quell’arroganza che trovo insopportabile.
Ascoltando Katie Melua in Nine million Bicycles