In occasione del mio recente compleanno, la mia famiglia mi ha regalato un viaggio di quattro giorni a Parigi. L’idea è stata bella e l’ho apprezzata ma il soggiorno si è rivelato molto al di sotto delle aspettative.
VIAGGIO: tutto è iniziato male, a partire dalla compagnia aerea ((l’irlandese Ryanair) che, non accettando animali a bordo, mi ha costretta a cercare una dog sitter per la mia Joy, all’ultimo momento. E, se il buongiorno si vede dal mattino, il resto della vacanza è stato degno del suo inizio.
CLIMA: il clima parigino, si sa, non è quello che uno desidererebbe per una vacanza ma le condizioni che abbiamo trovato si sono rivelate peggio del previsto: freddo, pioggia o nuvolo e vento.
Non ero preparata a quelle condizioni tanto che ho dovuto comperarmi una felpa da Uniqlo (fortunatamente in saldo a 5 euro).
ALLOGGIO: l’appartamento affittato tramite Homelidays (organizzazione che avevo già utilizzato – e valutato positivamente – per una vacanza a Roma) è stato una delusione: sporco, pieno come un uovo di roba dei proprietari e poco accogliente.
La famiglia che lo affitta (e che probabilmente trascorre l’estate al mare o in montagna o chissà dove e dall’appartamento parigino trae reddito) si è avvalsa di un’agenzia per il check in e il check out (al contrario del proprietario di Roma che trattava direttamente con i clienti) che, alla riconsegna delle chiavi, ha passato al setaccio ogni cosa come se fossimo stati dei vandali saccheggiatori. Si sa, gli italiani non sono mai ben visti ed è sempre meglio controllare…
LA CITTA’: sporca, trascurata, scostante, inospitale e cara.
CIBO/RISTORAZIONE: avevo voglia di provare il tanto decantato Loving Hut parigino sperando di riabilitare la catena in franchising, dopo la valutazione negativa di Loving Hut di New York. Ebbene, quello di Parigi è stata una delusione forse perché commisurata alle aspettative (alte). Innanzitutto ho notato, da subito, alcuni aspetti negativi (a mio avviso):
1) due schermi TV ai lati del locale, posizionati in alto, senza audio, che trasmettevano (con sottotitoli in una decina di lingue, tra cui l’italiano, ma illeggibili perché mal sintonizzati) immagini di animali sofferenti, ricette, varie comunicazioni pacifiste. Insomma, una macedonia.
Premetto che detesto la TV mentre sono a tavola anche se trasmettesse immagini gradevoli ma trovo veramente inquietante la diffusione di immagini di sofferenza al momento del pasto. So che gli animali soffrono (da qui la mia scelta etica), che nel mondo ci sono catastrofi, guerre, fame, malattie, situazioni drammatiche. E tutti questi accadimenti si manifestano, purtroppo, sempre e senza interruzioni. Ma, vivaddio, non si può flagellarsi sempre e ovunque, vivere nell’incubo e nell’inquietudine e sempre in tensione.
Almeno per una manciata di minuti durante il pasto.
2) i fiori finti sul tavolo. Aborro i fiori finti, li detesto, e non vorrei vederli in nessun luogo, tantomeno a tavola.
3) i piatti di melamina (quelli che si usano in barca o nei pic nic). Una vera caduta di stile. Cosa cambiava per l’ambiente, per il veganesimo, per lo stile etico se i piatti fossero stati di vetro o ceramica?
4) La tovaglia di carta bianca semilucida a grandezza del tavolo. Fa tanto sciatto. Meglio le tovagliette americane, anche di carta.
5) il cameriere totalmente impersonale, senza un minimo slancio di partecipazione. Chiedeva le ordinazioni e portava i piatti senza muovere un muscolo, solo con un sorriso abbozzato, sempre uguale. Gli parlavo in francese e lui rispondeva in inglese. Boh…
6) Il locale totalmente impersonale, freddo, banale, senza calore. Una sorta di “non luogo”.
7) le portate assolutamente banali e scontate ma soprattutto senza una “matrice culturale”: dall’Oriente all’Occidente, con troppa disinvoltura (involtini primavera, spaghetti, zuppa giapponese, veg burger, per citarne alcuni). Se vado al ristorante voglio, insieme ai piatti, assaporare atmosfera, calore, distinzione, passione. Non vado a sfamarmi dove posso farlo a casa mia.
Il piatto délices des sept mers, l’unico che ho trovato originale. Gli altri piatti potevano essere realizzati a casa da una cuoca di media bravura.
Perfino da me che non sono affatto una cuoca e tantomeno di media bravura ma molto al di sotto.
Al ristorante non mi aspetto piatti che potrei cucinarmi io a casa.
8) prezzi: l’unico aspetto positivo del locale.
Insomma, meglio ascoltare il sax di Stan Getz in Dreams e dimenticare Parigi.